giovedì 21 gennaio 2016

Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana. Arte e sacro a Palazzo Strozzi


È ormai qualche anno che la “Fondazione Palazzo Strozzi” organizza, negli ambienti del Piano Nobile del palazzo da cui ha desunto il nome, un ricco programma di eventi e mostre di grande interesse e portata internazionale. Un valido esempio di società pubblico-privata che attraverso l’efficace sinergia tra enti istituzionali (Città di Firenze, Provincia e Camera di Commercio) e soggetti privati ha saputo valorizzare un gioiello dell’architettura rinascimentale fiorentina. Un palazzo signorile voluto nel 1489 da Filippo Strozzi (e rimasto di proprietà della famiglia Strozzi fino al 1937), ricalcando la struttura di Palazzo Medici-Riccardi ma ampliandone le dimensioni: una residenza-fortezza con facciata simmetrica in bugnato divisa da cornici aggettanti, disposta su tre piani e con un cortile colonnato al centro.



Vincent Van Gogh - Pietà

“Bellezza divina” affronta il rapporto tra arte e sacro attraverso l’esposizione di 106 opere che ne testimoniano l’evoluzione nell’arco del secolo che va dalla metà dell’Ottocento fino alla metà del Novecento. Per lo più dipinti di artisti italiani e stranieri, a cui si affiancano alcuni bronzi, gessi e ceramiche che allargano il panorama delle arti visive coinvolte nella riflessione sulla rappresentazione dei temi religiosi.

Una panoramica che indaga la diversità di approccio tra artista e sentimento religioso, non esente talvolta da sentimenti conflittuali, ed evidenzia la soggettività nella interpretazione e raffigurazione di scene sacre da parte di artisti per molti dei quali il contenuto religioso è una rarità all’interno della loro produzione. Soggettività che è legata alle tendenze artistiche in cui si inserisce l’autore, spaziando dallo stile narrativo e naturalista del Morelli (“Caduta di San Paolo”) e del Fracassini (“I martiri gorcomiensi”), al simbolismo e divisionismo delle Annunciazioni di Segantini e Previati fino alla rivisitazione in chiave futurista della Sacra Famiglia di Fillia. 
 
Fillia - La Sacra famiglia
Ma influenze derivano anche dai richiami alla tradizione pittorica del Quattrocento e Cinquecento, in particolare alle composizioni di Benozzo Gozzoli, del Beato Angelico e ai volti di Raffaello, rivisitate però in chiave moderna. A tal proposito si cita l’Annunciazione di Galileo Chini che, ispirato dall’Angelico nella rappresentazione delle figure dell’angelo e della Madonna, dona a quest’ultima un aspetto da contadinella con il capo coperto da una fazzoletto e sullo sfondo la campagna toscana. 
 
Galileo Chini - Annunciazione

La stessa laicizzazione del soggetto sacro si ritrova nella “Georgica” di Previati. La sacra famiglia viene trasposta in un contesto campestre e assume le fattezze di una famiglia di contadini; Giuseppe appoggiato ad un albero regge un forcone che affonda nel mare dorato di grano che li circonda.

Gaetano Previati - Georgica


Questo sforzo teso alla umanizzazione della narrazione evangelica si esplica in una serie di sperimentazioni formali che cercano di introdurre elementi stilistici ed iconografici innovativi fino ad arrivare ad interpretazioni assai ardite, additate addirittura come blasfeme. E’ definita infatti blasfema la litografia colorata a mano della Madonna di Munch, inserita in una cornice di spermatozoi che si muovono verso un feto, la cui testa scheletrica richiama quella del celebre “Urlo”. Al momento della fecondazione viene attribuita una dimensione sacra ma allo stesso tempo terrena, con l’immagine mariana che sprigiona una provocante sessualità nella sua nudità e nell’espressione del volto.

Edvard Munch - Madonna II
 
Edvard Munch - Vecchio in preghiera

Il contesto nonché il momento storico in cui vive l’artista sono ulteriori aspetti che caratterizzano le opere donando contemporaneità al tema tradizionale della vita di Cristo. Maurice Denis ambienta “L’Annunciazione a Fiesole” sulle colline di Firenze, il cui panorama appare sullo sfondo, mentre è il paesaggio pistoiese l’ambientazione che circonda la “Natività” di Bugiani. In contesti ancora più intimi, strettamente legati alla vita dell’autore, sono ambientate le opere di Stanley Spencer: “L’Ultima Cena” ha luogo nel granaio della casa di famiglia a Cookham, a ovest di Londra, mentre “L’entrata di Cristo in Gerusalemme” è attualizzata davanti alla casa del nonno nella stessa città. La modernizzazione del contesto in cui si svolgono le scene sacre offre lo spunto all’artista per veicolare messaggi ideologici e politici. E’ il caso di Otto Dix che, in piena Seconda guerra mondiale, dipinge “Cristo e la Veronica” attraverso il quale esprime il suo dissenso nei confronti del regime nazista: nella folla che si accalca dietro a Cristo spiccano due soldati in divisa con tanto di baionette. 
 
Giacomo Manzù - Crocifissione
Lo sdegno verso la guerra emerge anche nella Crocifissione di Manzù, con un soldato con elmetto prussiano alla sinistra di Gesù, e finisce per esplodere con forza nella “Crocifissione bianca” di Chagall vero e proprio atto di denuncia contro le persecuzioni degli ebrei. Cristo stesso indossa indumenti tradizionali ebrei (un copricapo al posto della corona di spine e uno scialle da preghiera in sostituzione del perizoma), intorno scende di disperazione, gente in fuga e distruzione. La parabola dolorosa di Cristo diviene la metafora delle sofferenze che affliggono l’umanità nella prima metà del Novecento.


Marc Chagall - Crocifissione bianca


Una serie di opere straordinarie, di artisti altrettanto straordinari (tra cui Renato Guttuso, Lorenzo Viani, Emilio Vedova, Jean-François Millet, Vincent van Gogh, Pablo Picasso, Henri Matisse per citarne alcuni) alcune delle quali mai esposte prima d’ora in Italia, provenienti sia da collezioni private che da importanti istituzioni museali quali i Musei Vaticani, il Musée d’Orsay di Parigi e l’Art Institute di Chicago. 
 

Lorenzo Viani - La preghiera del cieco
Renato Guttuso - Crocifissione








Adesso non rimane che prepararsi per la nuova mostra della Fondazione Strozzi in programma per l’anno 2016, “Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim”, un evento che si preannuncia particolarmente atteso.



Dove: Palazzo Strozzi - Piazza Strozzi, Firenze

Quando: Tutti i giorni inclusi i festivi con orario 10.00-20.00, giovedì orario 10.00-23.00

Costo: biglietto intero € 10,00, ridotto € 8,50/€ 7,50/€ 4,00, biglietto famiglia € 20,00


Copyright©2016 “Firenze anda e rianda” by Iacopo Fortini. Tutti i diritti riservati. All rights reserved

sabato 16 gennaio 2016

Firenze "nascosta". Il Cenacolo di Sant'Apollonia

Accanto alla Firenze dei grandi monumenti conosciuti in tutto il mondo e dei panorami mozzafiato vi è una Firenze poco conosciuta, per non dire sconosciuta, che vive spesso all'ombra delle bellezze da cartolina che abbagliano turisti e mass media. Ma non per questo meno importante e degna di quell’attenzione che il turista frettoloso o lo stesso fiorentino ignaro non le rivolgono. Un ventaglio di scrigni di arte e storia, diffusi a macchia di leopardo nel tessuto urbano, nonché preziose testimonianze del passato culturale e sociale della città attraverso i secoli.
Emblema di questa Firenze “nascosta” è la serie dei cenacoli presenti in città, vera e propria tradizione pittorica fiorentina diffusa a cavallo tra il Trecento e il Quattrocento. Il cui accesso è del tutto gratuito.
Il termine "cenacolo" viene quindi utilizzato per indicare i dipinti che ritraggono l’Ultima cena consumata da Gesù con gli Apostoli, durante il quale fu istituito il sacramento dell’eucarestia e fu annunciato l’imminente tradimento da parte di uno dei commensali. La raffigurazione di questa scena sotto forma di tavole o affreschi divenne comune nella maggior parte dei refettori dei conventi, dove veniva in tal modo celebrato l’episodio evangelico sopra ricordato. Il significato di cenacolo finì quindi per essere esteso all’intero ambiente che conteneva tale decorazione divenendo sinonimo di refettorio.

Il Cenacolo di Sant’Apollonia è il primo cenacolo rinascimentale fiorentino, ubicato nel centro storico, lungo la direttrice che collega Piazza San Marco a Piazza della Indipendenza. La facciata esterna anonima, ravvivata dalla presenza di due bandiere e da una targa che identifica la presenza del cenacolo, non preannuncia la rilevanza degli ambienti a cui dà accesso. Il cenacolo era il refettorio del monastero delle Benedettine di Sant’Apollonia, fondato nel 1339 e situato tra le attuali Via San Gallo, Via XXVII Aprile e Via Santa Reparata. Durante i lavori di ampliamento che interessarono il monastero nel corso del Quattrocento fu costruito il cenacolo, una monumentale sala con soffitti a cassettoni e le pareti lunghe scandite da finestre poste ad altezze diverse.
Per la decorazione di questo ambiente fu incaricato uno dei massimi artisti rinascimentali fiorentini, Andrea del Castagno, che nel 1447 affrescò la parete di fondo del refettorio.
Per molti secoli il regime di clausura del monastero celò all’esterno il pregevole ciclo pittorico la cui “riscoperta” avvenne nel 1866 con la soppressione degli Ordini e delle Corporazioni religiose e la conseguente confisca dei beni ecclesiastici da parte del Regno d’Italia.
Nel 1891 venne creato un piccolo museo, che inizialmente occupava una superficie inferiore all'attuale, per ospitare dei dipinti di pittori della scuola di Andrea del Castagno. Solo successivamente si articolò negli spazi ancora oggi visibili: ingresso, antirefettorio e refettorio. La chiesa del monastero è stata sconsacrata e viene impiegata come sala per conferenze; il resto del monastero non è più visitabile ed è divenuto proprietà dell'Università di Firenze e dell'Esercito Italiano.

Neri di Bicci - Madonna con bambino e Santi

Passando in dettaglio alla visita del Cenacolo, attraverso il vano di ingresso si accede all’antirefettorio, un ambiente in cui sono conservati dei dipinti quattrocenteschi un tempo custoditi all’interno del monastero: un affresco staccato con il tema della Crocifissione opera di Paolo Schiavo e due tavole di Neri di Bicci raffiguranti l’Incoronazione della Vergine e la Madonna col bambino e santi. In quest’ultima tavola, accanto alla Madonna seduta in trono alle prese con il bambino che allunga la mano sotto la veste della madre alla ricerca del seno, compare Santa Apollonia nell’iconografia classica che la ritrae con un paio di tenaglie che stringono un dente. La storia del martirio di Apollonia racconta infatti che alla donna, dopo essere stata catturata durante una sommossa anti-cristiana in Egitto, furono tolti tutti i denti con delle tenaglie. Pur di non pronunciare delle bestemmie si gettò nel fuoco e morì bruciata.

Paolo Schiavo - Crocifissione



Il refettorio costituisce il clou del museo e della visita. È qui che Andrea del Castagno ci ha lasciato in eredità un fulgido esempio della sua arte innovatrice. La parte superiore della parete è occupata dalla Crocefissione di Cristo al centro, dalla Deposizione a destra e dalla Resurrezione a sinistra. I tre episodi sono raffigurati senza soluzione di continuità, come una narrazione continua sottolineata dall'uniformità del paesaggio con l’unico elemento di divisione rappresentato dalle due grandi finestre ad arco. Quando nel 1953 questi affreschi furono staccati per motivi di conservazione vennero alla luce i disegni preparatori che oggi sono visibili sulla parete di fondo opposta.


Deposizione, Crocifissione e Resurrezione (affresco)

Deposizione, Crocifissione e Resurrezione (sinopia)


L’Ultima Cena occupa l’intera sezione inferiore della parete. È contenuta in uno spazio riccamente decorato, raffinato e razionale, dove ogni elemento architettonico è curato nel minimo dettaglio. La scena ha una  impostazione prospettica rigorosa, accentuata dall'effetto geometrico delle linee del pavimento e del soffitto.


Particolare di Gesù e Giuda
Estremamente realistiche sono le lastre marmoree che rivestono la parete frontale: quella screziata al centro, in corrispondenza della figura di Cristo, cattura lo sguardo sul punto focale della composizione pittorica. I personaggi sono tutti allineati al di là della tavola, frontalmente rispetto all'osservatore
Giuda è l’unico ad essere al lato opposto del tavolo, raffigurato di fianco. I volti degli apostoli sono espressivi, la gestualità delle mani e l’inclinazione delle teste imprime un solenne movimento all'insieme.



Nel cenacolo sono conservate anche altre opere di Andrea del Castagno dipinte a cavallo della metà del Quattrocento: una lunetta affrescata (e la sua sinopia) con il Cristo in pietà tra gli angeli, realizzata per il chiostro del monastero, una Crocifissione proveniente dal chiostro del convento di Santa Maria degli Angeli e la sinopia della Visione di San Girolamo tra le Sante Paola e Eustachio staccata dalla Basilica di Santissima Annunziata.

Andrea del Castagno - Crocifissione

Rimane ormai poco del contributo di Andrea del Castagno infuso nel sensazionale ciclo di affreschi con le Storie della Vergine che decorava la Cappella Maggiore della Chiesa di Sant’Egidio. Esso costituiva uno dei capolavori della pittura rinascimentale fiorentina alla cui esecuzione avevano collaborato Domenico Veneziano, Alessio Baldovinetti, Piero della Francesca e Giusto d’Andrea. Andato distrutto durante i rifacimenti in stile barocco della chiesa, i pochi frammenti rimasti sono conservati nel refettorio.

Accanto all'ingresso una targa esprime gratitudine a Hanna Kiel, storica dell'arte tedesca adottata da Firenze alla cui generosità si deve il restauro di alcune opere del Cenacolo gravemente danneggiate durante l'alluvione che colpì la città nel 1966.


Dove: Cenacolo di Sant'Apollonia - Via XXVII Aprile 1, Firenze 
Quando: da lunedì a domenica dalle ore 8.15 alle ore 13.50, eccetto 2° e 4° lunedì del mese e 1a, 3a, 5a domenica del mese. Chiuso: 1 Gennaio, 1 Maggio, Natale. 
Costo: Ingresso libero


Copyright©2016 “Firenze anda e rianda” by Iacopo Fortini. Tutti i diritti riservati. All rights reserved

sabato 2 gennaio 2016

Body Worlds. La plastinazione in mostra a Firenze

Andare o lasciar perdere. Questo il dubbio amletico con cui combatto per molti giorni sull'opportunità di visitare la mostra scientifica Body Worlds, approdata a Firenze a fine Novembre presso la chiesa sconsacrata di Santo Stefano al Ponte, a due passi dal Ponte Vecchio. Io, appassionato di arte, archeologia e mostre, ma profano di medicina, anatomia e studi scientifici mi trovo di fronte ad un bivio. Ma non si può esprimere un giudizio su qualcosa che non si conosce. E allora, senza pregiudizi ma con un po’ di ansia, mi reco alla mostra stuzzicato dai tanti spunti di interesse che questo evento trascina con sé. Innanzitutto la fama che lo accompagna: dalla prima esposizione datata 1995 a oggi la mostra ha collezionato più di quaranta milioni di visitatori nelle circa cento città di tutto il mondo che l’hanno ospitata. E poi l’occasione di vedere da vicino il corpo umano, così nel dettaglio come mai mi è capitato prima d’ora.

Body Worlds è una mostra scientifica il cui scopo è divulgativo. Rivolgendosi ad un pubblico ampio, compresi bambini e ragazzi, illustra il funzionamento del corpo umano, dei suoi singoli componenti e degli effetti che su di esso hanno una vita poco salutare e l’abuso di alcol e tabacco. Tutto questo attraverso l’esposizione di veri corpi umani e campioni anatomici accompagnati da pannelli didascalici che con l’uso di un linguaggio semplice e accattivante conducono alla scoperta di quel mondo così complesso che si cela sotto la nostra pelle. I circa duecento preparati anatomici in mostra sono stati sottoposti alla plastinazione, una tecnica di conservazione inventata nel 1977 da Gunther von Hagens durante la sua attività di anatomista presso l’Università di Heidelberg. Nata con uno scopo scientifico, ossia per preservare piccoli campioni per la formazione e lo studio degli studenti di medicina, all'inizio degli anni 90 ha iniziato a interessare interi corpi umani ed essere pensata per la sensibilizzazione del grande pubblico con la prima mostra in Giappone.

Il procedimento della plastinazione (che richiede 1500 ore di lavoro per un corpo intero) prevede innanzitutto l’arresto del processo di decomposizione attraverso l’iniezione nelle arterie di formalina a cui segue una dissezione anatomica con la rimozione della pelle e del tessuto adiposo. Il corpo viene quindi immerso in un bagno di acetone per innescare la disidratazione dei fluidi corporei e del grasso solubile; mediante l’impregnazione forzata sotto vuoto l’acetone è sostituito da materia plastica liquida (caucciù siliconico) e il corpo può essere così modellato secondo la posizione desiderata. L’ultima fase del processo prevede una polimerizzazione ottenuta con il gas che conferisce ai preparati solidità e lunga durata. La plastinazione mantiene inalterati i colori dei campioni anatomici, li rende inodori e ne consente il modellamento in pose dinamiche: il giocatore di badminton, la ballerina, l’uomo vitruviano e l’atleta sono alcuni dei corpi in mostra plasmati con movimenti estremamente plastici che mettono in evidenza il funzionamento sinergico di tutte le componenti anatomiche durante l’attività motoria.

Attraverso gli apparati, gli organi e i tessuti von Hagens vuole mettere in risalto le meraviglie del corpo umano sottolineandone l’elemento estetico insito nella sua eterogenea composizione. La morte, esemplificata nei cadaveri oggetto della mostra, è l’elemento attraverso il quale si spiega l’essenza della vita, le funzioni organiche e la vitalità che animano la nostra interiorità corporea.
L’esposizione si presenta infatti con l’allestimento dal titolo “Al Cuore della Vita”, incentrato sul sistema cardiovascolare e sul cuore, motore del fisico e sismografo dei sentimenti, con l’invito dichiarato a prendersi “a cuore” il proprio corpo e la propria vita.
Per questo motivo, accanto all'incredibile apparato circolatorio con i suoi 96000 km di vasi sanguigni o alla mirabolante trama di organi dell’apparato digerente, nelle teche sono esposti a confronto organi sani e organi affetti dalle patologie più frequenti per far vedere cosa accade “realmente” al nostro interno come conseguenza di malattie o errate abitudini (particolarmente significativi i polmoni anneriti di un soggetto fumatore su cui sono evidenti i danni arrecati dalle sigarette).


Nel corso degli anni le mostre di von Hagens sono state al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, scatenando fervidi dibattiti sulle questioni etiche legate all'esposizione di cadaveri umani. Critiche severe sono arrivate in particolare dal mondo cattolico che la definisce una provocazione e una mancanza di rispetto verso il corpo umano, ma anche in altri ambienti c’è chi ha storto la bocca ritenendola offensiva della sensibilità umana.
La linea di demarcazione tra detrattori e sostenitori passa attraverso il concetto di spettacolarizzazione: per i primi si usa la morte per fare spettacolo, per i secondi è la vita che viene posta sotto i riflettori. Non siamo di fronte a una disumanizzazione delle plastinazioni, ma molto dipende da quale importanza scientifica si attribuisce alla portata dell’evento. Se si considera come mera esibizione o come strumento di conoscenza. Esistono quindi diverse chiavi di lettura da cui scaturiscono considerazioni di natura antropologica, morale ed etica discordi a seconda del visitatore in questione.
Non si può parlare certo di arte, ma come la definisce l’ideatore della mostra di “anatomia estetica”. Von Hagens di se stesso dice “sono un inventore e uno scienziato con un interesse per l’arte, ma di certo non sono un'artista con scopi scientifici”. Emblematica in questo senso la plastinazione con due corpi che raffigurano un’operazione chirurgica secondo la composizione ripresa dall'opera di Rembrandt “Lezione di Anatomia del Dottor Tulp”: un corpo steso sul lettino a rappresentare il paziente e il medico in piedi, di lato.


La plastinazione e le mostre ad essa connesse trovano origine nell'atto legale (che garantisce l’anonimato) con cui alcune persone dispongono volontariamente e consapevolmente di donare alla loro morte il proprio corpo per motivi di pubblica utilità o per il fascino della plastinazione. Esiste un’apposita organizzazione, l’Heidelberger Institut für Plastination, che dal 1982 ad oggi cura il programma di donazione dei corpi e ha annotato nei propri registri ben 13000 donatori. Secondo i dati forniti dallo stesso Istituto, tra le motivazioni principali che spingono a donare il proprio corpo si annotano l’entusiasmo verso la plastinazione e l’essere oggetto di esposizione pubblica. Una sorta di esibizionismo post mortem.

Non c’è che dire, è un evento che non lascia indifferenti. O si apprezza o si detesta. Costringe quantomeno a riflettere e a guardarsi “all'interno”. Mi aggiro tra le teche osservando con occhi da profano mentre una scolaresca si accalca intorno ad un professore intento a spiegare le funzioni di un sistema nervoso esposto nella sua interezza. Salgo la straordinaria scalinata cinquecentesca del Buontalenti che conduce verso l’altare del Giambologna, inopportunamente celato da pannelli. Da questa posizione sopraelevata si vede tutta la navata della chiesa: un mosaico di luci e ombre che mette in risalto i virtuosismi della plastinazione ma che oscura del tutto gli altari di marmo in stile barocco, con tele e crocifissi di epoca rinascimentale, che scandiscono le pareti laterali.


Assorto nelle mie elucubrazioni esco dalla chiesa e raggiungo l'esterno. Mi fermo nella piccola piazzetta su cui si affaccia Santo Stefano al Ponte, che dal 1986 non svolge più la sua funzione di luogo di culto ed è diventata uno spazio per mostre e auditorium per concerti. Sono al cospetto di una delle più antiche chiese di Firenze, che nella sua lunga storia ha subito gravi ferite nel corso della Seconda guerra mondiale, durante l’alluvione del 1966 e con l’attentato mafioso nella vicina via dei Georgofili del 1993.
Uno dei tanti tesori celati della città, con il suo bel portale in marmo bianco e verde e con la sua facciata metà romanica e metà gotica che rimangono sconosciute ai più, nascoste dal via vai frenetico di via Por Santa Maria e dagli sguardi della maggioranza dei turisti che ogni giorno si muovono tra Piazza della Repubblica e il Ponte Vecchio.


Dove: Chiesa di Santo Stefano al Ponte - Piazza di Santo Stefano 5, Firenze
Quando: Fino al 20 marzo 2016 con orario Lunedì – Giovedì dalle 10 alle 20, Venerdì e sabato dalle 10 alle 23, Domenica dalle 10 alle 21 (Ingresso consentito fino ad un’ora prima dell’orario di chiusura della mostra)
Costo: Intero 16 euro, studenti e ridotti 14,00 euro, bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni 12,00 euro, bambini sotto ai 6 anni ingresso gratuito.



Copyright©2016 “Firenze anda e rianda” by Iacopo Fortini. Tutti i diritti riservati. All rights reserved