sabato 23 aprile 2016

Visita a Palazzo Venturi-Ginori con la gioventù dell'arte

Un portone immenso davanti e un campanello sul lato sinistro con l’indicazione “suonare qui”. Inizia così il mio approccio a Palazzo Venturi Ginori, già Casino Mediceo, situato in via della Scala a Firenze, giusto due passi dietro la stazione di Santa Maria Novella. Lo spunto per visitare questo palazzo, che ammetto di aver colpevolmente ignorato fino ad oggi, mi è offerto da una iniziativa del Polo Museale della Toscana, “Ambasciatori dell’Arte”, che per il mese di Aprile ha organizzato visite guidate gratuite in 19 siti a carattere culturale di Firenze e provincia. La peculiarità del progetto, nato nel 2004 e strutturatosi sempre più nel corso degli anni, risiede proprio negli ambasciatori: mille studenti di 20 istituti scolastici delle medie superiori del territorio fiorentino che per un mese circa si trasformano in guide e si fanno divulgatori di cultura. Affidarsi al loro impegno e alla loro schietta capacità comunicativa significa avere la possibilità di andare alla scoperta di cenacoli, ville medicee, musei e altri luoghi città artistici della città. Ma significa anche dare linfa ad un progetto educativo che mira a sensibilizzare i giovani sulla conoscenza, valorizzazione e tutela del patrimonio storico-culturale che li circonda in un modo attivo, da protagonisti piuttosto che da semplici osservatori.
Aperto il possente portone, mi trovo nell’atrio del Palazzo dal 2012 sede del Lycee international Victor Hugo, ente scolastico italo-francese con sezioni che vanno dalla materna alla scuola secondaria superiore. Per tale motivo l’edificio è solitamente chiuso al pubblico e pertanto non visitabile al di fuori di opportunità come questa. Una gentile signora con spiccato accento francese mi affida alla mia guida che, pazientemente seduta su un gradino con dei fogli in mano, attende visitatori. Si chiama Jonas, è giovanissimo e timidamente mi domanda in quale lingua preferisco le spiegazioni. Per curiosità chiedo che scelta ho e Jonas mi indica la possibilità di scegliere tra italiano, francese, inglese, tedesco, portoghese e greco. Ma preferirebbe esporre in italiano. Perfetto mi trova pienamente d’accordo, avrei avuto difficoltà con quasi tutti gli idiomi proposti, non ci sono altri visitatori quindi possiamo iniziare il tour di visita.
La costruzione del palazzo risale al 1498 e si deve a Bernardo Rucellai che lo fece edificare su terreni di proprietà della moglie Nannina de' Medici su progetto di Leon Battista Alberti. Annessi al palazzo erano i giardini che divennero il luogo di ritrovo delle illustre personalità che frequentavano l’Accademia Neoplatonica fondata da Cosimo il Vecchio.


Nel 1527, come conseguenza della cacciata dei Medici da Firenze, il palazzo fu pesantemente saccheggiato e danneggiato. Tornato in mano medicea, con una breve parentesi nella prima metà del Seicento durante la quale fu proprietà della famiglia Orsini, il palazzo ebbe un grande periodo di fasto e prosperità dal 1640 con Giovan Carlo de’ Medici. Sia l’interno (con stucchi, affreschi e decorazioni) che l’esterno (con laghetti, fontane e la colossale statua di Polifemo di Antonio Novelli) subirono una profonda trasformazione che arricchì il pregio e lo sfarzo del palazzo.
Alla morte di Giovan Carlo il palazzo fu acquistato dal marchese Ferdinando Ridolfi che ne fece raddoppiare le dimensioni erigendo una nuova facciata su via della Scala (l’attuale ingresso).


Nel 1861 passò nuovamente di mano divenendo proprietà della principessa Orloff che ne affidò la ristrutturazione all’architetto Giuseppe Poggi. Alla morte della principessa seguì un periodo di declino segnato dalla vendita degli arredi e dal frazionamento della proprietà in parte ceduta alla famiglia Venturi-Ginori e in parte a Ferdinando Cesaroni.




La visita prende il via dal piano terra dove sono visitabili il salone con il soffitto a volta affrescato da Leopoldo Costoli con medaglioni raffiguranti busti di uomini illustri, la sala degli stucchi neoclassici al centro della quale pende un lampadario di vetro di Murano e l’esedra decorata da Luigi Catani con Artemide sul carro. Ci muoviamo negli ariosi ambienti del piano terra tra piccoli tavoli, disegni e giochi di ogni genere. Questo è il regno dei più piccoli, qui si sprigiona la creatività e vivacità degli alunni della materna. Con difficoltà riusciamo ad intravedere la sala dell’Aurora dove è in corso attività didattica. Sbirciando da una porta riesco ad intravedere l’apparato decorativo del soffitto, opera di Michele Colonna, con ai quattro lati dei putti con i simboli delle arti.




Sfortunatamente Jonas mi riferisce che la grotta ipogea rivestita di concrezioni calcaree e conchiglie, accessibile dal seminterrato del palazzo, non è attualmente accessibile perché in fase di restauro. Peccato davvero, è uno degli ambienti più particolari dell’edificio e avrebbe aggiunto valore alla visita.
Attraverso uno scalone monumentale saliamo al primo piano dove spicca la sala rossa, il cui nome si deve al colore utilizzato nelle decorazioni parietali. È l’ufficio del preside della scuola che in questo momento è presente e impegnato nel suo lavoro. Rinunciamo quindi ad entrarvi e usciamo su una incantevole terrazza, in parte porticata, che offre un’ampia visuale sul giardino. 





Ormai trasformato in uno spazio giochi per gli alunni della scuola, niente rimane dell’antico splendore imperniato su laghetti, piante rare, fontane e statue. Svetta solitaria, custode del tempo che fu, la scultura colossale del Polifemo che beve dall’otre di Antonio Novelli, quasi a far da guardiano sulla gioventù che tutto intorno si gode la spensieratezza dei giorni migliori.


Jonas mi congeda, la visita è terminata e può svestire temporaneamente i panni da Cicerone. La tenera tensione emotiva che l’ha accompagnato durante tutto il percorso finalmente si allenta; gli esprimo il più sentito ringraziamento per il prezioso contributo offertomi a cui contraccambia con un timido sorriso, prima di correre via nuovamente verso lo scalino in attesa di nuovo visitatori.

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martedì 12 aprile 2016

Da Kandinsky a Pollock. L'arte moderna dei Guggenheim in mostra a Firenze

Il rapporto indissolubile che lega l’arte moderna europea e quella americana nello spazio temporale che dal primo dopoguerra arriva fino agli anni sessanta del Novecento. Questo il tema della nuova sensazionale mostra "Da Kandinsky a Pollock. La grande arte dei Guggenheim", allestita negli spazi di Palazzo Strozzi a Firenze con oltre cento opere dei massimi esponenti dell’arte moderna esposte in un percorso che mette in risalto le influenze artistiche tra il vecchio e nuovo mondo. Agli estremi del fil rouge che unisce questi continenti troviamo due esponenti della famiglia Guggenheim, Solomon e Peggy, zio e nipote tra i più famosi collezionisti a livello mondiale. A Solomon e alla sua tardiva passione sbocciata negli anni ’30 per artisti del calibro di Kandisky, Klee e Chagall si deve la nascita di una collezione privata, trasformata nel 1939 nel Museo di Pittura non oggettiva incentrato sull'avanguardia astratta, che diventerà nel 1959 l’attuale Guggenheim Museum di New York.


Peggy, al contrario dello zio, ha il primo approccio con l’ambiente artistico appena ventenne, quando conosce il pittore del movimento dadaista Laurence Vail che poco tempo dopo sposerà a Parigi. Introdotta nei salotti intellettuali parigini stringe amicizia con i primi artisti dell’avanguardia europea di cui diventerà nel giro di qualche decennio la più accanita fautrice e sostenitrice. Costretta per le sue origini ebree a lasciare l’Europa davanti all'avanzata nazista, torna a New York dove la sua attività di gallerista diventerà un veicolo di contatto essenziale tra gli artisti americani e l’avanguardia europea. Al termine della seconda guerra mondiale ritorna in Europa dove a Venezia nel 1949 apre al pubblico la sua Collezione Peggy Guggenheim. Con questa collezione Firenze ha una relazione particolare: prima di trovare la sua collocazione finale nel Palazzo Venier dei Leoni sul Canal Grande, Peggy la espose nel febbraio del 1949 nei locali della Strozzina.
Il nucleo maggiore di pitture, sculture e incisioni esposte provengono ovviamente dalle collezioni Guggenheim di New York e da Venezia a cui si aggiungono prestiti di altri importanti musei e collezioni private. Le nove sale in cui si articola il percorso sono allestite con una veste chiara di semplici pannelli bianchi su cui spiccano le tonalità più cupe accanto alle tinte più vivaci. Unica eccezione la sala dedicata a Mark Rothko, dominata dalla penombra da cui affiorano le sei opere selezionate del grande artista lettone.
La prima sala non poteva che prendere le mosse direttamente da loro, dai due grandi collezionisti americani della famiglia Guggenheim e dalle opere di Kandinsky, De Chirico, Theo van Doesburg e Max Ernst (che per due anni fu marito di Peggy) che costituirono i nuclei originari delle due collezioni che avrebbero in seguito assunto proporzioni ragguardevoli. Come già accennato, astratta e scevra di riferimenti figurativi quella di Solomon, più trasversale quella di Peggy. La sua predilezione per il surrealismo, alimentata dall'amicizia con Marcel Duchamp, viene celebrata nella sala successiva dove si rende merito all'importante ruolo ricoperto da Peggy nell'introduzione della corrente surrealista nel fertile terreno artistico americano che darà vita a cavallo degli anni '50 all'Espressionismo astratto, esemplificato dalle opere in mostra di Willem de Kooning uno dei suoi massimi esponenti.



Per alcuni artisti Peggy fu una vera e propria mecenate. Le va riconosciuto il merito di aver saputo leggere nelle pieghe della vena artistica di certi pittori la grandezza e genialità che successivamente avrebbero acquisito su scala globale. Emblematico il caso di Jackson Pollock, alla cui produzione di Action painting è dedicata un'intera sala, la cui carriera artistica si deve all'intuito di Peggy e al supporto economico e promozionale da questa fornitogli.
Il fervido sviluppo dell'arte europea del secondo dopoguerra, grazie anche al movimento degli Informali che pone la materia al centro dell'attenzione con le creazioni di Dubuffet, i buchi di Fontana e le plastiche combuste di Burri, viene messo in parallelo con la fucina di movimenti artistici che pervade gli Stati Uniti negli anni '60 e che si riassume nella pittura rigorosa, bidimensionale e geometrica della Post-Painterly Abstraction di Frank Stella e Kenneth Noland. A conclusione di questa dinamica sperimentazione artistica germogliata su suolo americano si erge “Preparativi” di Roy Lichtenstein, l’opera-denuncia della guerra in Vietnam del 1968 che apre la via alla nuova dirompente corrente che segna l’inizio dell’arte contemporanea: la Pop Art
Con questa tela si conclude un percorso espositivo straordinario che ripercorre l’evoluzione dell’arte moderna attraverso una focalizzazione sulle avanguardie, ricostruendo le relazioni tra sponde opposte dell’oceano nel segno dei Guggenheim e del loro indiscutibile ruolo nella promozione, valorizzazione e maturazione dell’arte a loro contemporanea.

Dove: Palazzo Strozzi, Piazza Strozzi - Firenze
Quando: fino al 24 luglio 2016 tutti i giorni con orario 10.00-20.00, Giovedì 10.00-23.00.
Costo: biglietto intero € 12, ridotto € 9,50, gruppi scuole e università - visitatori con disabilità - ragazzi dai 6 ai 18 anni - giovani fino ai 26 anni il giovedì dalle ore 18.00 € 4, gratuito bambini di età inferiore ai 6 anni, accompagnatori visitatori con disabilità, accompagnatori di gruppi, insegnanti. Prenotazione è obbligatoria solo per i gruppi e per le scuole. Biglietto Famiglia
€ 22 per ingresso 2 adulti + bambini e ragazzi fino a 18 anni; speciale due biglietti al prezzo di uno per i possessori CartaFreccia con biglietti delle Frecce destinazione Firenze (con data di emissione antecedente al massimo 5 giorni da quella della visita).



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