Andare
o lasciar perdere. Questo il dubbio amletico con cui combatto per
molti giorni sull'opportunità di visitare la mostra scientifica
Body Worlds, approdata a Firenze a fine Novembre presso la chiesa
sconsacrata di Santo Stefano al Ponte, a due passi dal Ponte Vecchio.
Io, appassionato di arte, archeologia e mostre, ma profano di
medicina, anatomia e studi scientifici mi trovo di fronte ad un
bivio. Ma non si può esprimere un giudizio su qualcosa che non si
conosce. E allora, senza pregiudizi ma con un po’ di ansia, mi reco
alla mostra stuzzicato dai tanti spunti di interesse che questo
evento trascina con sé. Innanzitutto la fama che lo accompagna:
dalla prima esposizione datata 1995 a oggi la mostra ha collezionato
più di quaranta milioni di visitatori nelle circa cento città di
tutto il mondo che l’hanno ospitata. E poi l’occasione di vedere
da vicino il corpo umano, così nel dettaglio come mai mi è capitato
prima d’ora.
Body
Worlds è una mostra scientifica il cui scopo è divulgativo.
Rivolgendosi ad un pubblico ampio, compresi bambini e ragazzi,
illustra il funzionamento del corpo umano, dei suoi singoli
componenti e degli effetti che su di esso hanno una vita poco
salutare e l’abuso di alcol e tabacco. Tutto questo attraverso
l’esposizione di veri corpi umani e campioni anatomici accompagnati
da pannelli didascalici che con l’uso di un linguaggio semplice e
accattivante conducono alla scoperta di quel mondo così complesso
che si cela sotto la nostra pelle. I circa duecento preparati
anatomici in mostra sono stati sottoposti alla plastinazione, una
tecnica di conservazione inventata nel 1977 da Gunther von Hagens
durante la sua attività di anatomista presso l’Università di
Heidelberg. Nata con uno scopo scientifico, ossia per preservare
piccoli campioni per la formazione e lo studio degli studenti di
medicina, all'inizio degli anni 90 ha iniziato a interessare interi
corpi umani ed essere pensata per la sensibilizzazione del grande
pubblico con la prima mostra in Giappone.
Il
procedimento della plastinazione (che richiede 1500 ore di lavoro per
un corpo intero) prevede innanzitutto l’arresto del processo di
decomposizione attraverso l’iniezione nelle arterie di formalina a
cui segue una dissezione anatomica con la rimozione della pelle e del
tessuto adiposo. Il corpo viene quindi immerso in un bagno di acetone
per innescare la disidratazione dei fluidi corporei e del grasso
solubile; mediante l’impregnazione forzata sotto vuoto l’acetone
è sostituito da materia plastica liquida (caucciù siliconico) e il
corpo può essere così modellato secondo la posizione desiderata.
L’ultima fase del processo prevede una polimerizzazione ottenuta
con il gas che conferisce ai preparati solidità e lunga durata. La
plastinazione mantiene inalterati i colori dei campioni anatomici, li
rende inodori e ne consente il modellamento in pose dinamiche: il
giocatore di badminton, la ballerina, l’uomo vitruviano e l’atleta
sono alcuni dei corpi in mostra plasmati con movimenti estremamente
plastici che mettono in evidenza il funzionamento sinergico di tutte
le componenti anatomiche durante l’attività motoria.
Attraverso
gli apparati, gli organi e i tessuti von Hagens vuole mettere in
risalto le meraviglie del corpo umano sottolineandone l’elemento
estetico insito nella sua eterogenea composizione. La morte,
esemplificata nei cadaveri oggetto della mostra, è l’elemento
attraverso il quale si spiega l’essenza della vita, le funzioni
organiche e la vitalità che animano la nostra interiorità corporea.
L’esposizione
si presenta infatti con l’allestimento dal titolo “Al
Cuore della Vita”,
incentrato sul sistema cardiovascolare e sul cuore, motore del fisico
e sismografo dei sentimenti, con l’invito dichiarato a prendersi “a
cuore” il proprio corpo e la propria vita.
Per
questo motivo, accanto all'incredibile apparato circolatorio con i
suoi 96000 km di vasi sanguigni o alla mirabolante trama di organi
dell’apparato digerente, nelle teche sono esposti a confronto
organi sani e organi affetti dalle patologie più frequenti per far
vedere cosa accade “realmente” al nostro interno come conseguenza
di malattie o errate abitudini (particolarmente significativi i
polmoni anneriti di un soggetto fumatore su cui sono evidenti i danni
arrecati dalle sigarette).
Nel
corso degli anni le mostre di von Hagens sono state al centro
dell’attenzione dell’opinione pubblica, scatenando fervidi
dibattiti sulle questioni etiche legate all'esposizione di cadaveri
umani. Critiche severe sono arrivate in particolare dal mondo
cattolico che la definisce una provocazione e una mancanza di
rispetto verso il corpo umano, ma anche in altri ambienti c’è chi
ha storto la bocca ritenendola offensiva della sensibilità umana.
La
linea di demarcazione tra detrattori e sostenitori passa attraverso
il concetto di spettacolarizzazione: per i primi si usa la morte per
fare spettacolo, per i secondi è la vita che viene posta sotto i
riflettori. Non siamo di fronte a una disumanizzazione delle
plastinazioni, ma molto dipende da quale importanza scientifica si
attribuisce alla portata dell’evento. Se si considera come mera
esibizione o come strumento di conoscenza. Esistono quindi diverse
chiavi di lettura da cui scaturiscono considerazioni di natura
antropologica, morale ed etica discordi a seconda del visitatore in
questione.
Non
si può parlare certo di arte, ma come la definisce l’ideatore
della mostra di “anatomia estetica”. Von Hagens di se stesso dice
“sono un inventore e uno scienziato con un interesse per l’arte,
ma di certo non sono un'artista con scopi scientifici”. Emblematica
in questo senso la plastinazione con due corpi che raffigurano
un’operazione chirurgica secondo la composizione ripresa dall'opera di Rembrandt “Lezione di Anatomia del Dottor Tulp”: un corpo
steso sul lettino a rappresentare il paziente e il medico in piedi,
di lato.
La
plastinazione e le mostre ad essa connesse trovano origine nell'atto legale (che garantisce l’anonimato) con cui alcune persone
dispongono volontariamente e consapevolmente di donare alla loro
morte il proprio corpo per motivi di pubblica utilità o per il
fascino della plastinazione. Esiste un’apposita organizzazione,
l’Heidelberger
Institut für Plastination,
che dal 1982 ad oggi cura il programma di donazione dei corpi e ha
annotato nei propri registri ben 13000 donatori. Secondo i dati
forniti dallo stesso Istituto, tra le motivazioni principali che
spingono a donare il proprio corpo si annotano l’entusiasmo verso
la plastinazione e l’essere oggetto di esposizione pubblica. Una
sorta di esibizionismo post
mortem.
Non
c’è che dire, è un evento che non lascia indifferenti. O si
apprezza o si detesta. Costringe quantomeno a riflettere e a
guardarsi “all'interno”. Mi aggiro tra le teche osservando con
occhi da profano mentre una scolaresca si accalca intorno ad un
professore intento a spiegare le funzioni di un sistema nervoso
esposto nella sua interezza. Salgo la straordinaria scalinata
cinquecentesca del Buontalenti che conduce verso l’altare del
Giambologna, inopportunamente celato da pannelli. Da questa posizione
sopraelevata si vede tutta la navata della chiesa: un mosaico di luci
e ombre che mette in risalto i virtuosismi della plastinazione ma che
oscura del tutto gli altari di marmo in stile barocco, con tele e
crocifissi di epoca rinascimentale, che scandiscono le pareti
laterali.
Assorto
nelle mie elucubrazioni esco dalla chiesa e raggiungo l'esterno. Mi
fermo nella piccola piazzetta su cui si affaccia Santo Stefano al
Ponte, che dal 1986 non svolge più la sua funzione di luogo di culto
ed è diventata uno spazio per mostre e auditorium per concerti. Sono
al cospetto di una delle più antiche chiese di Firenze, che nella
sua lunga storia ha subito gravi ferite nel corso della Seconda
guerra mondiale, durante l’alluvione del 1966 e con l’attentato
mafioso nella vicina via dei Georgofili del 1993.
Uno
dei tanti tesori celati della città, con il suo bel portale in marmo
bianco e verde e con la sua facciata metà romanica e metà gotica
che rimangono sconosciute ai più, nascoste dal via vai frenetico di
via Por Santa Maria e dagli sguardi della maggioranza dei turisti che
ogni giorno si muovono tra Piazza della Repubblica e il Ponte
Vecchio.
Dove:
Chiesa di Santo Stefano al Ponte - Piazza di Santo Stefano 5, Firenze
Quando:
Fino al 20 marzo 2016 con orario Lunedì – Giovedì dalle 10 alle
20, Venerdì e sabato dalle 10 alle 23, Domenica dalle 10 alle 21
(Ingresso consentito fino ad un’ora prima dell’orario di chiusura
della mostra)
Costo:
Intero 16 euro, studenti e ridotti 14,00 euro, bambini
e ragazzi dai 6 ai
18 anni 12,00 euro, bambini
sotto ai 6 anni ingresso gratuito.
Copyright©2016 “Firenze anda e rianda” by Iacopo Fortini. Tutti i diritti riservati. All rights reserved
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