A volte ritornano…a splendere. Piccoli capolavori artistici
disseminati negli angoli della città, per decenni avvolti nell'oblio, protagonisti
dell’incuria urbana e dell’indifferenza generale. La polvere, il degrado, le
ferite inferte dall'intemperie diventano i tratti somatici di queste
malinconiche icone di un’abbondanza artistica inversamente proporzionale agli
investimenti pubblici destinati al capitale culturale italico. Asimmetria di
cui spesso cadono vittima anche esempi ben più illustri e conosciuti. Crowdfunding, finanziamenti di privati e
art bonus sono le recenti frecce
innestate sull'arco delle iniziative a sostegno del patrimonio pubblico
culturale.
Ristretto tra i negozi che con ritmo serrato scandiscono i fianchi di
via Nazionale, alla confluenza di via dell’Ariento con la vista sulla distesa
di barrocci del mercato di San Lorenzo e sulle Cupole della basilica omonima. Testimone
del sottostante traffico cittadino e dell’incurante via vai antropico
multilingue, incessanti giorno e notte. Vituperato dal tempo che fende in
superficie e in profondità, come un veterano di guerra segnato sul corpo e nell'anima. Poi le impalcature, i tubi metallici che lo recingono, le tecniche
salvifiche e le mani delicate dei restauratori restituiscono ad antico
splendore il cinquecentesco Tabernacolo delle Fonticine.
La “rinascita” è frutto, secondo quanto twittato dal Comune di Firenze, di otto mesi di restauri e un
esborso economico di quasi 90 mila euro elargito interamente da un ente privato,
l’Istituto internazionale di studi Lorenzo de’ Medici, a cui spetteranno anche
le future spese di manutenzione del bene per evitare pericolose ricadute di
decoro.
Il Tabernacolo è costituito da una struttura architettonica in pietra
serena delimitata agli estremi da colonne sormontate da un arco a tutto sesto.
Al suo interno è ospitato un grande bassorilievo in terracotta invetriata
policroma, realizzato nel 1522 da Giovanni della Robbia, raffigurante la
Madonna col Bambino fra i Santi Barbara, Luca, Jacopo e Caterina sovrastati dal
Padre Eterno, Spirito Santo e angeli. Una cornice floreale, con teste di santo,
racchiude la scena sacra.
E’ l’opera più prestigiosa tra quelle commissionate dalle cosiddette
“Potenze festeggianti”, compagnie laiche rionali dai nomi altisonanti composte
da popolani dedite all'organizzazione di esibizioni, sbandieramenti,
spettacoli, banchetti e finti combattimenti che sovente degeneravano in risse e
sassaiole. Attive dalla metà del ‘300 ai primi decenni del ‘600, le potenze
furono liberalmente sovvenzionate dai Medici perché considerate una valida
valvola di sfogo e distrazione dalla politica per il popolo minuto. Ingente la
liquidità di fondi nelle casse del “Reame di Biliemme”, tale da potersi
permettere di incaricare la bottega dei Della Robbia per la realizzazione del
Tabernacolo.
Il nome “Fonticine” deriva dalle sette cannelle a forma di protomi di
cherubini da cui zampilla acqua nella vasca marmorea ai piedi del tabernacolo.
Gli interventi conservativi e di consolidamento hanno coinvolto
l’intero tabernacolo che presentava un’omogenea precarietà nel suo complesso. Un
restyling a 360 gradi dalla struttura
in pietra serena alla copertura in scaglie di laterizio, dalla pala invetriata
al serramento vetrato, dalla vasca marmorea all'impianto idrico. Adesso non
rimane che togliere le transenne che stazionano davanti al tabernacolo e
finalmente Firenze avrà un gioiello in più di cui fregiarsi.
Copyright ©2016 “Firenze anda e rianda” by Iacopo Fortini. Tutti i diritti riservati. All rights reserved
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