Uno scandalo, uno scempio artistico, un oltraggio a Firenze. No un grido di denuncia, un veicolo di sensibilizzazione delle coscienze. Mentre infuria il dibattito e Firenze si divide, come da sempre succede nella patria della polemica, tra contrari e favorevoli, tra guelfi e ghibellini a Palazzo Strozzi si inaugura la prima grande retrospettiva italiana dedicata ad Ai Weiwei uno degli artisti contemporanei più celebri e controversi. Palazzo Strozzi diventa per la prima volta uno spazio espositivo globale: opere storiche e creazioni recenti dell’artista cinese coinvolgono non solo le sale del Piano Nobile e della Strozzina ma anche il cortile e due facciate dell’edificio. È proprio l’installazione pensata e realizzata per l’esterno di Palazzo Strozzi che ha fatto più discutere: ventidue gommoni di salvataggio arancioni incorniciano (da cui il nome “Reframe”) altrettante finestre del Piano Nobile lungo via Strozzi e Piazza Strozzi. Un energico contrasto cromatico e stilistico, un pugno sul volto del palazzo rinascimentale che richiama l’opinione pubblica sulla tragedia dei profughi che così da vicino coinvolge tutta l’Europa e l’Italia in primis.
I gommoni, aggrappati al bugnato dell’edificio allo stesso modo in cui i profughi si afferrano alle precarie imbarcazioni in balia del mare, impattano con forza sul visitatore. L’impegno dell’artista sul tema dell’immigrazione e dei viaggi della speranza, spesso trasformati in viaggi della morte, ha permeato tutta la produzione di Ai Weiwei dell’ultimo anno. Dall'esperienza (documentata) in prima persona nel campo rifugiati di Moria nell'isola di Lesbo, un disumano ammasso di disperati a trenta chilometri dalle coste turche, alle installazioni di giubbotti di salvataggio e performance con coperte termiche a Berlino, alle azioni di protesta contro le politiche di confisca del governo danese al dramma dei palestinesi in fuga filmati nel passaggio del valico di Rafah.
“Refraction” è il titolo della gigantesca ala metallica che conquista lo spazio del cortile. Realizzata con pannelli solari tibetani incarna il dualismo tra libertà e prigionia. Simbolo di libertà privata dalle sua essenza, impossibilitata a spiccare il volo e costretta al suolo dal suo peso di oltre cinquanta tonnellate, diviene espressione di privazione e reclusione.
Concetti verso cui l’artista si mostra particolarmente sensibile divenendo un simbolo della lotta contro la negazione delle libertà personali con cui fin da bambino ha dovuto fare i conti. Ai Weiwei cresce fino all'età di 19 anni in un campo di rieducazione militare prima e in un ambiente sotterraneo nel deserto del Gobi poi, dove il padre era stato esiliato e condannato a lavori forzati dopo essere stato definito dal Partito Comunista Cinese “triplo criminale”. Solo alla morte dei Mao Zedong nel 1976 Ai Weiwei può tornare a Pechino, sua città natale. Ma la difficile convivenza con la madrepatria non è certo finita. Nell'aprile 2011, mentre si trova all'aeroporto internazionale di Pechino, viene arrestato e imprigionato per 81 giorni in un luogo segreto. Per i quattro anni successivi gli sarà impedito di lasciare Pechino, parlare con la stampa e pubblicare articoli. Una privazione di libertà personali che paradossalmente renderà ancora più conosciuto e famoso l’artista che proprio nel 2011 viene definito l’artista più influente al mondo. Da questo episodio si intensificano le opere che hanno come soggetto la detenzione e la libertà di espressione. Non è un caso che il titolo della mostra sia “Ai Weiwei. Libero”.
Le sale del Piano Nobile e della Strozzina sono un concentrato eterogeneo di lavori realizzati a partire dagli anni 80 quando l’artista frequenta a New York la Parsons School of Design, ben presto abbandonata a favore di gallerie e musei dove entra in contatto con le opere di quelli che diventeranno i suoi riferimenti artistici: Marcel Duchamp e Andy Warhol. La mostra raccoglie anche le produzioni più recenti, dai profondi connotati socio-politici grazie alle quali Ai Weiwei si distingue come una delle personalità più provocatorie e discusse in ambito internazionale. Installazioni monumentali, fotografie, video, sculture, assemblaggi di materiali: l’eclettismo artistico di Ai Weiwei non conosce confini, qualunque oggetto diventa una fonte creativa per il suo simbolismo di denuncia. Perfino i mattoncini colorati del Lego da ingenuo passatempo ludico divengono strumento di rappresentazione di dissidenti politici.
Nella sala “Rinascimento” Ai Weiwei ritrae i busti di quattro personalità, Dante Galilei Strozzi e Savonarola, legate alla storia di Firenze e accomunate da episodi di privazione della libertà.
Anche la serie di oggetti realizzati in materiali preziosi sono un manifesto contro l’oppressione e l’abuso dei diritti umani. Le grucce in cristallo e legno huali, usate dall'artista nella sua cella per appendere i vestiti lavati, le manette in giada con cui è stato ammanettato per più di cinquanta volte durante gli altrettanti interrogatori che hanno scandito la sua prigionia.
Dissacranti ma prive della vena geniale che permea altre opere, la serie di quaranta fotografie “Study of perspective” che ritraggono alcuni dei monumenti/luoghi più famosi al mondo con il dito medio alzato dell’artista in primo piano. Palazzo Strozzi compreso, ovviamente.
Continui i richiami alla Cina e al rapporto ambiguo che lo lega al paese d’origine, sospeso tra senso di appartenenza e lotta contro la repressione della libertà di espressione a cui reagisce con atti di disobbedienza culturale a difesa dei diritti umani (nel 2015 è stato insignito da Amnesty International del premio di Ambassador of Conscience). Ai Weiwei si muove in bilico tra passato e presente, gioca con la produzione ceramica sull'ambiguità tra moderno e antico amalgamando tradizioni artistiche, fondamenti culturali-politici e avvenimenti. Tra questi ultimi particolare risalto assume il terribile terremoto che il 12 maggio 2008 scuote la regione del Sichuan mietendo 70000 vittime, tra le quali circa 5000 sono studenti rimasti sotto le macerie nel crollo delle scuole.
Ai Weiwei, dopo aver visitato le zone colpite dal sisma, inizia una lunga battaglia contro la mancanza di sicurezza degli edifici e il tentativo del governo cinese di offuscare verità e notizie sul tragico evento. La pubblicazione sul suo blog, poi oscurato dalle autorità cinesi, dei nomi delle migliaia di bambini deceduti come atto di denuncia sarà causa di interrogatori e pestaggi. La sua genialità artistica si esprime sul tema con “Snake Bag”, un gigantesco serpente realizzato dall'unione sinuosa di 360 zaini, e con le installazioni lignee di “Rebar and case” allusioni a bare dal profilo deforme come quello del territorio sconvolto dal terremoto.
Ai Weiwei si stima o si critica. La provocazione insita nella sua vena artistica e l’anima dissidente che lo contraddistingue non consentono vie di mezzo. La mostra (e la produzione di Ai Weiwei in generale) va inquadrata in una doppia cornice: il contesto globale contemporaneo, fonte di ispirazione e avversione, e la biografia dell’artista che fornisce una chiave di lettura intrinseca. Questo non necessariamente aiuta ad apprezzare, ma almeno serve a comprendere l’uomo-artista Ai Weiwei. Poliedrico. Libero.
Dove: Palazzo Strozzi, Piazza Strozzi - Firenze
Quando: fino al 22 gennaio 2017 tutti i giorni inclusi i festivi 10.00-20.00, Giovedì 10.00-23.00
Costo: biglietto intero €13, ridotto €10,50, promozione 2 biglietti al prezzo di uno con biglietti e abbonamenti Trenitalia, ridotto ragazzi €5
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