sabato 5 novembre 2016

Arno fonte di prosperità, fonte di distruzione. La mostra all'Archivio di Stato a cinquantì'anni dall'alluvione

Nell'ambito delle manifestazioni promosse in occasione della ricorrenza del cinquantesimo anno dall'alluvione di Firenze di quel tragico 4 novembre 1966, di cui ho già parlato anche in questo post, si inserisce la mostra inaugurata domenica 9 ottobre presso l'Archivio di Stato di Firenze dal titolo "Arno: fonte di prosperità, fonte di distruzione. Storia del fiume e del territorio nelle carte d’archivio". Promossa dall'Archivio di Stato in collaborazione con la Soprintendenza, l'esposizione è allestita presso gli spaziosi locali al piano terra resi per l'occasione fruibili al pubblico. L'Archivio di Stato di Firenze, uno dei cento presenti su tutto il territorio nazionale, svolge funzioni di tutela e valorizzazione dei beni archivistici in esso conservati per un totale di oltre 75 chilometri di documenti. Un patrimonio inestimabile di carteggi, codici miniati, statuti, disegni, carte geografiche e diplomi che custodisce la storia di Firenze e della Toscana compresa tra l'VIII secolo e i giorni nostri.



Istituito con decreto del 30 settembre 1852 un Archivio centrale dello Stato con sede presso il piano terra e il primo piano degli Uffizi, inglobò una serie di archivi sparsi per la città che custodivano documenti dall'età comunale all'epoca lorenese. Con l'Unità d'Italia, in esso confluì tutta la documentazione non più utile dell'amministrazione locale che, con il passare degli anni, creò non pochi problemi legati alla mancanza di spazi adeguati alla crescente mole di carta oggetto di conservazione. 
Il 4 novembre 1966 l'Archivio fu investito dalla furia della piena dell'Arno che ne danneggiò gravemente il patrimonio documentario sommergendo sette chilometri di scaffali. Tale evento ripropose con forza l'esigenza di trovare una nuova sede per l'istituto che fu inaugurata 23 anni dopo, il 4 febbraio 1989, con il nuovo archivio in viale Giovine Italia progettato da Italo Gamberini. Una struttura trapezoidale, architettonicamente molto articolata sia all'esterno che all'interno dove la volumetria è suddivisa su più livelli. 


La mostra si suddivise in tre sezioni in cui sono esposti disegni, cartografie, documenti e opere d'arte. Le prime due sono dedicate al connubio città-fiume, da sempre indissolubilmente legate da un rapporto di vita-morte che ha visto l'Arno nei secoli come fonte di prosperità per Firenze alternata a terribile forza di distruzione e lutto. Dal 1100 ad oggi si contano 60 alluvioni che hanno scandito ritmicamente gli ultimi nove secoli della nostra storia di cui almeno nove si annoverano tra gli eventi particolarmente gravi. Il 4 novembre, data dell'ultima alluvione, risulta essere un giorno particolarmente nefasto che ha caratterizzato la storia di Firenze con altre due esondazioni nel 1333 e nel 1660. Il record di "giorno nero" spetta però al 6 novembre che registra addirittura quattro alluvioni, ma tutto il mese di novembre risulta essere stato funestamente colpito con sedici episodi trascritti negli annali. Pensando ai fiumi in secca e ai problemi di siccità che caratterizzano le estati su suolo italico, è singolare notare come nel corso del 1500 si siano verificate ben tre alluvioni nel mese di agosto. 


Ma come dicevo l'Arno è stato anche una formidabile via di comunicazione, un luogo di svago e mezzo di sostentamento. Attraversato da meraviglie architettoniche che è quasi riduttivo chiamare ponti, come Ponte Vecchio rappresentato in un'incisione acquarellata di metà 800 con tanto di progetto di copertura a vetri in stile galleria o il Ponte delle Grazie, di cui un modellino in legno riproduce le fattezze originarie con le celle di clausure erette in corrispondenza dei piloni poi demolite nel 1875. 



Tra XVI e XIX secolo le sponde e le acque del fiume hanno costituito un teatro naturale prediletto per spettacoli, feste e celebrazioni. Matrimoni dinastici, visite di sovrani stranieri e giochi scenografici avevano sempre come protagonista il fiume come testimoniato da un dipinto a olio su tela, di autore ignoto, raffigurante una movimentata festa in Arno. 


La terza sezione pone sotto la lente di ingrandimento i danni causati dall'ultima alluvione e il conseguente impulso che ne ebbe l'attività di restauro con la creazione nel 1968 di un laboratorio specializzato dell'Archivio di Stato che col passare degli anni si è affermato come uno dei più importanti a livello nazionale. 
I danni arrecati dalle acque limacciose dell'Arno sul materiale cartaceo sono visibili su alcuni esemplari in mostra ancora non sottoposti a restauro. Delicate operazioni di asciugatura, essiccazione e interfoliazione hanno permesso il recupero di gran parte del patrimonio violentato dall'alluvione grazie anche al fatto che gli inchiostri in uso nei secoli passati non erano solubili in acqua. Spesso irreparabili sono state invece le conseguenze dell'acqua sulle pergamene, rese blocchi informi per via dell'effetto adesivo causato dal deterioramento del collagene.



Lo sguardo spazia anche alle alluvioni che hanno flagellato la città nei secoli precedenti, rivissute attraverso alcune testimonianze contenute nelle carte di conventi e ospedali, relazioni istituzionali e testimonianze dirette. Tra queste spicca quella del Granduca Leopoldo II d'Asburgo Lorena che il 3 novembre 1844 si recò dalla Villa di Poggio a Caiano in città per rendersi conto in prima persona del dramma causato dal fiume nemico. Il Granduca si muove tra i quartieri descrivendo uno scenario in cui regnano "immensa mota", lezzo e "quartieri fatti inabitabili". L'inondazione del 1844 e quella successiva del 1864, nel periodo di Firenze capitale, furono gestite con una certa tempestività ed efficienza dalle autorità cittadine che in entrambi i casi riuscirono a contenere i danni arrecati dalla furia delle acque grazie ad un apparato di intervento capace di gestire l'emergenza. 


Dove: Archivio di Stato di Firenze, Viale della Giovine Italia 6 - Firenze
Quando: fino al 4 febbraio, da lunedì a venerdì con orario 9-17 dal lunedì al venerdì, sabato 9-13, chiuso domenica e festività.
Costo: ingresso libero



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