martedì 17 novembre 2015

Sapori d’autunno. Langhe e Roero

Inizio autunno, qualche giorno di ferie in vista e la voglia di scoprire un angolo della nostra splendida penisola. Con tali ingredienti a disposizione prepariamo i bagagli, facciamo il pieno alla macchina e con i nostri due pargoletti imbocchiamo l’A11 in direzione Piemonte. E’ questa la stagione migliore per scoprire i paesaggi delle Langhe che, seppur godibili in tutto l’arco dell’anno, regalano adesso le emozioni più intense. I piccoli borghi si vestono a festa per celebrare i tesori gastronomici di questa terra (come il tartufo), i dolci colli e le valli si accedono di un caldo cromatismo che sfuma nei colori del giallo, arancio e marrone, mentre il mare ondulato di vigneti abbonda di quei rossi grappoli di uva che hanno reso la Langa la terra dei grandi vini conosciuta in tutto il mondo.


A causa di una lunga coda arriviamo ad Alba, la prima tappa del nostro giro, in ritardo rispetto alla tabella di marcia. È ora di pranzo e senza pensarci troppo raggiungiamo il ristornate “Cortiletto d’Alba”, memori delle buone recensione lette sul web. Un piccolo locale ricavato in una cantina con volta a botte in mattoni dall'atmosfera intima, dove assaporare la tipica cucina piemontese con un menù degustazione assortito e con un ottimo rapporto qualità/prezzo. Battuta di fassone, vitello tonnato, tajarin al ragù, plin ai 3 arrosti con burro e salvia, brasato di manzo al barolo, arrosto di lonza con nocciole tostate, bunet della nonna e torta di nocciole delle Langhe con crema al moscato. Pietanze nel pieno rispetto della tradizione culinaria locale e con un’attenzione particolare agli abbinamenti di sapori e alla qualità dei prodotti impiegati, selezionati in prima persona dalla proprietaria che con la sua gentilezza e attenzione sa offrire un valido servizio al cliente.
Usciti dal ristorante ci tuffiamo nel centro di Alba, comunemente riconosciuta come “la capitale delle Langhe”, le cui radici affondano in età romana nel municipium di Alba Pompeia e nella prosperità del borgo di epoca medioevale. Tracce di questo glorioso passato si conservano in superficie, con le numerose torri medievali disseminate nel centro urbano, e nel sottosuolo con altrettanti siti che conservano resti di epoca romana. Grazie al progetto “Alba sotterranea” sono organizzate periodicamente visite guidate con la partecipazione di un archeologo per promuovere e valorizzare le antiche vestigia della città.
Da Piazza Michele Ferrero, luogo di partenza della visita, imbocchiamo via Vittorio Emanuele che attraversa tutto il cuore della città fino al Duomo. Un’occhiata ai negozi, qualche acquisto di prelibatezze albesi e una visita alla settecentesca chiesa di S. Maria Maddalena (di pregevole fattura il coro ligneo con 48 scranni intarsiati) e ci troviamo in Piazza Duomo, circondati dal Municipio e da eleganti palazzi porticati. Qui, sui resti dell’originaria basilica paleocristiana del VI secolo di cui si conserva lo splendido fonte battesimale visibile ancora in fondo alla navata, sorge la Cattedrale di San Lorenzo. Sulla facciata gotica si innestano il campanile e i portali in arenaria in stile romanico, retaggio dell’impianto originario della chiesa a cui furono apportate nel corso dei secoli profonde trasformazioni che portarono alla combinazione di stili architettonici differenti.


Usciti da Alba imbocchiamo la strada che, tra dolci declivi e filari di Nebbiolo, conduce verso est. Questa è la patria del Barbaresco, il vino DOCG prodotto dalla vinificazione di uve nebbiolo 100% coltivate nei 700 ettari compresi tra i comuni di Barbaresco, Neive, Treiso e nella frazione albese di San Rocco. Visibile da lontano per la torre medievale che svetta nel cielo con i suoi 36 metri di altezza, Barbaresco è un condensato di case e cantine disseminato su un’altura sovrastante il fiume Tanaro. La torre, dalla struttura massiccia in laterizio, risale alla fine dell’XI secolo e faceva parte di un complesso sistema di fortificazioni con funzioni di avvistamento. Accanto alla torre, il castello settecentesco e la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista creano una sorta di cintura monumentale nella parte settentrionale del paese. Sono giorni di vendemmia, una processione di carri carichi di uve si allinea lungo via Torino tra le Cantine Casa Boffa, Gaja e Produttori del Barbaresco. L’odore di mosto pervade le strade, le frenetiche attività dei produttori vinicoli non scuotono l’aria ovattata che si respira in paese. Presso la Chiesa sconsacrata di San Donato merita una sosta l’Enoteca Regionale del Barbaresco, inaugurata nel 1986 e divenuta punto di riferimento per la valorizzazione e conoscenza dei prodotti di quella che è l’attività economica principale della zona. Faccio un giro veloce, rapito dalle circa centoventi etichette che trovano spazio nell'enoteca ed offrono una panoramica quasi totale della produzione di Barbaresco. Un peccato capitale non potersi fermare per assaporare questo nettare rosso, ma mia figlia è impaziente di conoscere nuovi posti e ci spostiamo verso Neive



Inserito tra i “Borghi più Belli d’Italia” e tutelato dall’Unesco, conserva l’impianto medievale accoccolato sulla collina e racchiuso da due porte di ingresso. Dalla porta S. Sebastiano un ripido vicolo selciato ci porta in Piazza Italia, sede dell’attuale Municipio in laterizi rossi e del vecchio palazzo del Municipio dalla facciata candida. Intorno eleganti palazzi in cotto, antiche dimori nobiliari sorte in epoche diverse. Via Rocca, via Borgese e via Giachino formano anelli concentrici attorno alla parte alta dell’abitato. Qui domina la duecentesca Torre dell’orologio e la vista spazia sui vigneti circostanti da cui hanno origine quattro eccellenze enologiche: Barbera d’Alba, Dolcetto d’Alba, Moscato d’Asti e il già citato Barbaresco.


E’ tardo pomeriggio ormai, il cielo sta tingendo di un rosa pallido, attorno a noi il silenzio regna sovrano e non c’è anima via. Un’atmosfera quasi surreale ci accompagna nel periplo di questo piccolo borgo, interrotta solo da qualche avventore seduto ai tavolini di una enoteca.
Torniamo in direzione Alba, per raggiungere La Morra dove, per due notti, saremo ospiti dell’Agriturismo Albachiara, gestito dalla signora Graziella e dal marito che ci accolgono con l’ospitalità tipica di questa zona. Ci hanno riservato una camera spaziosa, con quatto letti, un arredamento minimale e una terrazza che affaccia su un panorama mozzafiato sospeso sulle colline della Langa. Unici ospiti presenti nella struttura, testiamo le abilità di cuoca della proprietaria con una cena completa a base di piatti tipici della cucina locale. Davanti ad un calice di Nebbiolo e uno di Barolo, egregi prodotti frutto delle vigne dell’agriturismo, ci perdiamo in chiacchiere con i padroni di casa, infinitamente cordiali e disponibili ad assecondare le esigenze dei nostri piccoli.


Prima tappa del secondo giorno in terra piemontese è Pollenzo, antica colonia romana fondata nel II secolo a.C. Tutto ruota intorno a Piazza Vittorio Emanuele II, un tempo dedicata a Carlo Alberto che trasformò profondamente l’assetto urbano della città. Al Principe di Piemonte si devono i due maggiori monumenti, dalle forme neogotiche, che si fronteggiano ai lati della piazza: la Chiesa di San Vittore Martire edificata nel 1832 e l’Agenzia, imponente edificio quadrangolare adibito da Carlo Alberto a centro di ricerca e sperimentazione in campo agricolo e vitivinicolo e oggi sede dell’Università di Scienze Gastronomiche e della Banca del Vino.



Un paio di km verso nord-ovest e siamo a Bra, la patria del movimento Slow Food famosa per due apprezzati prodotti gastronomici che portano il nome della città: la salsiccia e il formaggio Dop. Sotto un cielo plumbeo, facciamo una passeggiata veloce tra caffè, negozi storici e palazzi in stile Barocco piemontese. Ci addentriamo nel Roero, salendo sulla cima della collina su cui si erge il castello di Monticello d’Alba. Da qui lo sguardo spazia sull'incantevole natura della valle sottostante.
Sosta per pranzo alla Trattoria Salinera, ai piedi del castello di Grinzane Cavour, affollata da avventori nonostante il giorno feriale. Menù fisso ed economico con tajarin al ragù e salsiccia al Barolo, annaffiati da un calice di Nebbiolo, un vino piacevole e di pronta beva.
Una breve salita separa il ristorante da quel castello che è uno dei simboli delle Langhe, perfettamente conservato e inserito tra i beni protetti dall’Unesco. Visibile da lontano, con l’imponente mole quadrangolare adagiata su un colle immerso tra vigneti, si genera un gradevole contrasto tra il rosso dei mattoni a vista della sua struttura e il verde brillante della natura che lo circonda. Il maniero, sviluppatosi attorno alla torre centrale dell’XI secolo e poi ampliato e rimaneggiato più volte nel tempo, conserva una armonia architettonica che combina le austere volumetrie ai sobri ed eleganti innesti delle finestre ad arco e delle torri angolari pensili. La fama di questo castello è indissolubilmente legata con quella del suo più illustre abitante, Camillo Benso Conte di Cavour, che per circa 17 anni ricoprì l’incarico di sindaco di Grinzane (che nel 1916 aggiunse la denominazione Cavour in suo onore). Gli interni conservano alcuni cimeli appartenuti al Conte che destinò il castello a centro di produzione dei pregiati vini di Langa.



Il castello ospita anche un ristorante e il Museo etnografico sulla civiltà contadina con esposizione di attrezzi agricoli, suppellettili e la ricostruzione di ambienti del 1600-1800. Al piano terra trova spazio l’Enoteca regionale piemontese, prestigiosa vetrina dei vini e distillati del territorio.
Impossibile non abbandonarsi ai sentori fruttati e speziati sprigionati da un calice di Barbaresco Ovello della Cascina Morassino e, a seguire, agli aromi del Barolo chinato nella versione originale della Cantina Cappellano e in quella più dolce dell’Azienda agricola Sordo.
Proseguiamo nel nostro viaggio nelle colline di Langa che conducono, tra saliscendi, in direzione La Morra. Dietro ad ogni curva si nasconde una scoperta, dietro ad ogni collina si celano incanti in un paesaggio dai seducenti colori.



Nella quiete di queste strade passiamo per Roddi e Verduno, una manciata di case aggrappate intorno al proprio castello. La singolarità di questi borghi è legata ai due prodotti simbolo delle Langhe: il tartufo e il vino. A Roddi ha sede infatti una istituzione unica nel mondo, l'università dei cani da tartufo, dove tali animali vengono addestrati a fiutare la presenza sotto terra del prezioso tubero. Il nome di Verduno invece va di pari passo con quello del vitigno Palaverga, la cui coltivazione ha radici antiche (le prime attestazioni scritte risalgono alla fine del 1400). La produzione di Palaverga raggiunse il suo apice con il re Carlo Alberto e la sua corte, grandi estimatori delle note speziate e fruttate di questo vino. A questa fase di apprezzamento seguì un lungo periodo di oblio con coltivazioni sporadiche durate fino agli anni 70 del secolo scorso, quando alcuni produttori locali iniziarono a vinificare in purezza questo particolare vitigno dando vita ad una delle DOC più piccole d’Italia.
A La Morra, raggiunta Piazza Castello, si gode di uno splendido belvedere sulle colline langarole e sulle Alpi mentre alle spalle svetta la torre civica del 1710. Pochi passi e, oltrepassata Piazza del Municipio, si imbocca Via San Martino per una sosta golosa al Bar Nuova Italia a base di torta alle nocciole e bunet, il budino di antichissima tradizione a base di cacao e amaretti.



Con una piccola deviazione dalla strada che porta all'agriturismo raggiungiamo, in località Brunate, la piccola cappella della Madonna delle Grazie, conosciuta anche come Cappella del Barolo (in onore del celebre vino che nasce dal vigneto circostante) o Cappella di Lewitt e Tremlett, i due artisti che nel 1999 le donarono l’aspetto attuale decorandola con un’accesa policromia.
Una fitta pioggerellina ci accoglie al risveglio nel nostro terzo giorno in Langa. Dopo un’abbondante colazione e un gradito dono (delle nocciole e una bottiglia di Nebbiolo) ci congediamo dalla Signora Graziella, ancora grati per la calorosa accoglienza ricevuta.


Percorsi pochi chilometri sosta obbligata a Barolo, uno dei centri più conosciuti della zona il cui nome è indissolubilmente legato al vino omonimo, “il re dei vini, il vino dei re”. Nato grazie all'iniziativa della marchesa Giulia Colbert Falletti nelle cantine di quel castello che sorge al centro del paese, un tempo fortificazione contro gli attacchi degli Ungari e Sarceni e poi residenza della casata Falletti per più di cinquecento anni. Oggi nelle sale del castello è allestito il museo del vino (WiMu), che con un approccio innovativo ripercorre la storia e le tradizioni del vino.
Il tempo non è benevolo, la pioggia è incessante e una fitta nebbia impedisce di ammirare il così tanto decantato scenario di questi luoghi. E’ così che ci appaiono all'improvviso, emergenti da una avvolgente coltre bianca, il castello di Novello prima e il borgo di Monforte d’Alba poi.
Castiglione Falletto, come rivela il nome, fu per lungo tempo dominio della casata albese dei Falletti che presero possesso dell’antico castello risalente all'anno mille (visitabile per solo pochi giorni all'anno), dotato di quattro imponenti torrioni che fungevano da strategiche basi di avvistamento sulle Langhe e il Monferrato. Ai piedi del castello facciamo visita alla Cantina Comunale, ambiente semplice e tanta ospitalità per chi si ferma per un assaggio, un acquisto o solo per una visita. Accompagnati dagli intriganti racconti sui produttori locali e sulle eccellenze vinicole del territorio, ci facciamo guidare nella degustazione di alcuni nobili rossi e di un fresco e fruttato Arneis.


Proseguiamo in direzione Gallo d’Alba per poi imboccare, sulla destra, la strada per Serralunga d’Alba che prima di arrivare al borgo regala una magnifica vista sulle tenute e sulla cantine di Fontanafredda.
Dopo un veloce quanto gustoso pranzo al ristorante Cascina Schiavenza, attendiamo il nostro turno per la visita guidata della roccaforte di Serralunga, che si staglia con la sua mole sopra il piccolo abitato arroccato intorno. Costruito tra il 1340 e il 1357 dai Falletti, ha conservato nei secoli la sua struttura originale di fortezza medievale ed è per questo considerato uno degli esempi più significativi di castello nobiliare trecentesco. Un largo fossato, il ponte levatoio, le finestre presenti solo sulla sommità della facciata, gli stretti accessi non allineati per ostacolare l’ingresso di eventuali assalitori armati: tutti elementi dal forte connotato difensivo che non riuscirono però ad evitare il saccheggio operato nel 1600 dagli Spagnoli che ne depredarono gli arredi. Per questo oggi gli interni si presentano spogli e austeri, ad eccezione del “Salone dei Valvassori” impreziosito dal soffitto a cassettoni e dagli affreschi della metà del XV secolo con il martirio di Santa Caterina d’Alessandria. La vivace narrazione della guida delle vicende storiche del maniero ci accompagna nell'appassionante itinerario attraverso i misteri e le arguzie architettoniche di questo castello che, in questo periodo, è uno dei palcoscenici della Biennale Italia-Cina, mostra d’arte contemporanea di artisti italiani e cinesi dal titolo “Elisir di lunga vita – L’arte che ti allunga e migliora la vita”.
Dogliani, la città natale di Luigi Einaudi, è l’epilogo di questa nostra breve vacanza. Ci congediamo a malincuore da questa terra che profuma di vino e sa di storia, che conquista per i suoi tesori enogastronomici e affascina per le ricchezze artistiche che custodisce. Una terra che a pieno diritto è divenuta il 50° sito italiano inserito nel Patrimonio mondiale dell’Umanità ed è preziosamente tutelata dall'UNESCO.

Copyright © 2015 “Firenze anda e rianda” by Iacopo Fortini. Tutti i diritti riservati. All rights reserved.

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