È
finalmente giunto il tempo di visitare il nuovo Museo dell’Opera del Duomo, inaugurato
in pompa magna il 29 ottobre 2015 e della cui realizzazione ho già ampiamente discusso
in questo post.
Sotto
lo sguardo severo del busto di Cosimo de’ Medici si varca la soglia
dell’ingresso storico dove un pannello ricorda che “qui passarono Brunelleschi e Michelangelo”. Giusto per chiarire fin
da subito che già si sta calpestando un suolo permeato di arte e storia da
sempre, da molto tempo prima che questo posto assumesse le sembianze di un
museo. In questo luogo infatti avevano sede le officine dell’Opera del Duomo al
cui servizio collaborarono le migliaia di maestranze che dettero vita a quella
sensazionale impresa collettiva rappresentata dal complesso monumentale di
Piazza del Duomo. Un grande cantiere dove, gomito a gomito, umili artigiani,
laboriosi manovali e alcuni tra i più grandi artisti di tutti i tempi donarono
magistralmente vita alla materia.
Ed
è proprio tale natura collegiale e multidisciplinare che viene sottolineata nel
suggestivo Corridoio dell’Opera. Appena oltrepassato il Cortile del Ticciati (che
ospita la biglietteria) si accede a questo passaggio in chiaroscuro che
conserva, incisi su una parete curvilinea, alcuni tra le migliaia di nomi di artisti,
architetti, musicisti e umanisti al cui ingegno si deve ciò che ammiriamo
ancora oggi in Piazza Duomo.
La
scultura, elemento caratterizzante degli edifici del complesso, trova la sua
immediata celebrazione nella cosiddetta Galleria delle Sculture, con statue
provenienti dal Battistero e dai fianchi della Cattedrale. In fondo alla
Galleria è visibile, al di sotto di una porzione di pavimento in vetro, la cupoletta
rinvenuta durante i lavori di rifacimento del museo e costruita con la tecnica
brunelleschiana a “spina di pesce”, impiegata nella costruzione della cupola di
Santa Maria del Fiore.
Siamo
al preludio della magnificenza più pura che si rivela nell’attigua Sala del
Paradiso. Questo il nome altamente evocativo del maestoso spazio in cui è
ricostruita in scala 1:1 la parte di facciata trecentesca del Duomo, realizzata
solo per un terzo dell’altezza prevista nel progetto di Arnolfo di Cambio. Una
facciata che il Vasari descriveva ricca di “marmi
lavorati, con tante cornici, pilastri, colonne, intagli di fogliami” e
nella quale la plastica monumentale si ritagliava uno spazio decorativo-divulgativo
assai notevole. La facciata incompiuta fu smantellata nel 1587 per volontà del
granduca Francesco I de’ Medici ma, grazie ad un disegno che riproduce
fedelmente la facciata di Arnolfo, è stato possibile ricollocare nella
posizione originale molte statue ad essa appartenuta.
Sulla
parete opposta della Sala risplendono due porte monumentali del Battistero, capolavori
di Lorenzo Ghiberti che si aggiudicò il concorso indetto per la loro
realizzazione (avendo la meglio su un certo Filippo Brunelleschi). Alte 5 metri
e larghe 3, ognuna con due ante bronzee dal peso di 9 tonnellate, le porte sono
finemente decorate con rilievi scultorei raffiguranti le storie di Cristo sulla
“Porta Nord” (riportate all’antico splendore grazie ad un restauro lungo due
anni) e le storie dell’antico Testamento sulla “Porta del Paradiso”. Al di
sopra delle porte sono posizionati i rispettivi gruppi scultorei che nel
Cinquecento decoravano i due ingressi del Battistero.
Accompagnati
da una soave musica sacra si raggiunge l’atrio del Regio Teatro degli Intrepidi,
costruito per volere del Granduca Pietro Leopoldo Asburgo-Lorena nel 1778 su un
terreno fino ad allora destinato a magazzini e officine dell’Opera del Duomo.
Caduto in rovina agli inizi del 1900, divenne un magazzino con conseguente
smantellamento di tutti gli elementi architettonici e decorativi. Da questo
atrio, su cui si apre lo Scalone Nuovo, si accede a due ambienti
particolarmente significativi.
La
Tribuna di Michelangelo è lo spazio dedicato ad accogliere il capolavoro di
Michelangelo, la Pietà del Duomo
(detta anche Pietà Bandini dal nome del primo proprietario). Spoglie pareti
bianche in contrasto con il pavimento scuro e al centro, su un piedistallo, il
gruppo scultoreo scolpito dal maestro giunto ormai alla soglia degli ottanta
anni e pensato come monumento funerario per la propria sepoltura da collocare
in una chiesa romana. L’opera mostra uno stato di incompiutezza tipico della
maturità dell’artista in cui domina il non-finito, a cui si aggiungono i segni
evidenti delle martellate inferte da Michelangelo stesso nel 1555 durante un
impeto d’ira teso a distruggere la statua per l’insoddisfazione legata ai
difetti trovati nel blocco di marmo e per le ripetute insistenze a completare
l’opera che gravavano sull'anziano scultore.
Il corpo di Cristo, appena deposto
dalla croce, è sorretto dalla Vergine accovacciata alle spalle del figlio,
dalla Maddalena e da un Nicodemo nel cui volto il maestro riproduce le proprie
sembianze. La tecnica del non-finito, che si estende anche ai volti delle
figure non abbelliti dalla levigatura, non impedisce all’opera di esprimere
quel profondo senso di drammaticità che sta alla base del momento
rappresentato. Una riflessione sulla morte perfettamente incarnata dall’intimo
dolore della Vergine la cui testa sembra fondersi in quella del figlio in una
vicinanza fisica che sembra voler contrastare il distacco della morte.
La
Sala della Maddalena prende il nome dalla Maddalena
penitente, capolavoro di Donatello scolpito intorno alla metà del XV secolo
per il Battistero e qui ospitata al centro della stanza. Un’opera insolita sia
per il materiale impiegato, intagliata nel legno secondo una tradizione di
epoca medioevale, sia dal punto di vista iconografico che trasforma la classica
donna giovane e seducente in un’anziana nuda con le mani giunte in preghiera,
coperta dai lunghi capelli che a mo’ di vestito scendono su un corpo scarno,
provato dai digiuni e dalle penitenze.
Lo
Scalone Nuovo ci conduce al primo piano dove prosegue il viaggio all'interno del
museo in un perfetto connubio tra eccellenze artistiche e moderni allestimenti
museali che valorizzano al massimo il patrimonio e rendono gli ambienti stessi
un museo nel museo. È il caso della Galleria del Campanile dove sono accolte le
sedici statue monumentali e i cinquantaquattro rilievi che abbellivano le pareti
della torre campanaria di Santa Maria del Fiore.
La
Galleria della Cupola è dedicata ad una delle opere più geniali che la mente
umana abbia mai partorito, a quella “struttura
sì grande, erta sopra e’ cieli, ampla da coprire con sua ombra tutti e’ popoli
toscani” per dirla con le parole di Leon Battista Alberti. Viene celebrato
il talento architettonico e ingegneristico di Filippo Brunelleschi, con modelli
lignei quattrocenteschi della cupola e attrezzature “da cantiere” dell’epoca su
cui domina un plastico moderno, originalmente sospeso in aria, che con
l’ausilio di un video didattico illustra le unicità di questa struttura la cui
fama nel mondo è pari alla innovazione e influenza apportate nel campo
dell’architettura.
Anche
il secondo piano ha la sua bella galleria, speculare rispetto alla sottostante
Galleria del Campanile, dedicata ai setti modelli lignei che furono progettati
per quel rifacimento della facciata medievale del Duomo a cui ho già accennato
in precedenza. Il Belvedere della Cupola offre invece un affaccio panoramico
sulla Galleria della Cupola.
A questo punto non rimane che salire l’ultima
rampa di scale, raggiungere il terzo piano e uscire sulla Terrazza
Brunelleschiana: questa volta l’affaccio sulla Cupola è reale. È una visione
scenografica, vivida, emozionante, il degno finale per un percorso museale dai
tratti estatici.
Dove: Museo dell’Opera del Duomo, Piazza del
Duomo 9, Firenze
Quando: tutti i giorni con orario 9.00 – 19.00.
Chiuso il primo martedì di ogni mese.
Costo: biglietto
unico €15 che comprende l’ingresso a tutti i siti del Grande Museo del Duomo
(Museo dell’Opera del Duomo, Cupola di Santa Maria del Fiore, Campanile,
Battistero di S. Giovanni, Santa Reparata) con validità 24 ore dall'accesso al
primi monumento.
Copyright©2016 “Firenze anda e rianda” by Iacopo Fortini. Tutti i diritti riservati. All rights reserved
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