sabato 23 luglio 2016

Firenze vista dall'Arno. I barchetti e uno sguardo speciale

Un viaggio che ripercorre il legame indissolubile che da sempre unisce la città al suo fiume attraverso un punto di vista insolito da cui ammirare Firenze dal basso, solcando lentamente quelle acque che ne hanno reso possibile prima la nascita e poi la grande prosperità attraverso i secoli. 




"Uno sguardo dal fiume. L'Arno racconta Firenze" è l'iniziativa di "Enjoy Firenze", la sezione della Cooperativa Archeologia che ha in programma per l'estate numerose iniziative e itinerari naturalistici e culturali alla scoperta dei lati più curiosi e insoliti di Firenze. Si naviga per sessanta minuti nel tratto monumentale compreso tra il ponte Vecchio e il Ponte Santa Trinita sui barchetti dei renaioli (di cui due con più di 100 anni di navigazione sulle spalle), ovvero sulle imbarcazioni che per secoli sono state usate per estrarre la rena dal letto dell'Arno. Un mestiere antico, ormai scomparso, che ha contribuito in materia determinante a far risplendere Firenze fornendo quella materia prima con cui nel tempo sono stati costruiti quei monumenti che l'hanno resa celebre e ammirata in tutto il mondo. Sospinti dalla forza delle braccia dei moderni renaioli, con le lunghe pertiche (dette anche stanghe) che si appoggiano sul fondo del fiume, mentre il sole tramonta tra i ponti o quando si accendono le luci nella notte. 



Il Palazzo della Borsa osserva dall'alto il "Porto delle travi", l'imbarco sul Lungarno Diaz in corrispondenza di Piazza Mentana da dove i barchetti salpano per la mini crociera in salsa gigliata. E da lì è un tripudio di immagini mozzafiato che, come in un documentario, scorrono davanti agli occhi in un incantevole fluire. Gli Uffizi, Ponte Vecchio, la millenaria Torre dei Consorti miracolosamente scampata alla distruzioni perpetrate durante la seconda guerra mondiale, la torre campanaria della Chiesa di Santi Apostoli, il lungarno Acciaiuoli edificato nell'Ottocento a spese degli edifici che si affacciavano (come ancora succede sulla sponda opposta) direttamente a ridosso del fiume. Non fu risparmiato neppure il maestoso Palazzo Spini-Feroni, porta di accesso all'elegante via Tornabuoni, la cui facciata fu indietreggiata rispetto alla riva del fiume dalla quale lo separava solamente uno passaggio a volta talmente stretto che si prestava per essere il luogo prediletto dai giovani per "pizzicare" il sedere alle giovani donne che si trovavano a passare di là. Da qui l'appellativo di "arco dei pizzicotti" che si era guadagnato questo angustio passaggio. 



E poi ancora la Chiesa S. Jacopo Soprarno, detta popolarmente "la chiesa col culo in acqua" per la sua abside affacciata sull'Arno, da sotto la quale il 25 luglio, per la festività di San Jacopo, aveva inizio il Palio dei navicelli. Era questa una sorta di regata, organizzata dal priore della chiesa, che vedeva impegnati numerosi barcaioli con le proprie imbarcazioni contendersi la vittoria a colpi di stanga. 


Eccoci al Ponte S. Trinita, così armonioso ed elegante ma troppo spesso guardato di sfuggita, sorvegliato dalle quattro statue allegoriche delle stagioni. Il passaggio sotto la sua arcata centrale costringe ad innalzare la testa fino ad incrociare lo sguardo severo di due arieti, i guardiani del luogo che minacciosi osservano quel fiume che per ben due volte con le sue rovinose piene ha distrutto i precedenti ponti. Da un lato l'Oltrarno, con il Palazzo della Missione al tempo di Firenze Capitale sede del Ministero della Marina e oggi adibito a Liceo e con il profilo della Chiesa del Cestello, dall'altro l'imponente Palazzo Corsini costellato di statue sono le ultime fascinose cartoline per i naviganti.




Storie di fiume e curiosità provengono da prua, dove una guida orienta l'attenzione sulla storia che scorre al nostro fianco senza interferire sulla vibrante magia del momento.

Coltivare, viaggiare, commerciare e costruire. A tanto è servito nei secoli l'Arno a Firenze, con le sue acque fonte inesauribile di vita sebbene, a più riprese, abbiano imposto alla città una convivenza ancora più "ravvicinata" con funeste alluvioni, dall'ultima delle quali ricorre proprio quest'anno il cinquantesimo anniversario.




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