Sfrutto
la pausa pranzo di lavoro e, in un assolato giorno autunnale, faccio
finalmente visita al nuovo Apple store
di Piazza della Repubblica a Firenze, alla cui apertura avevo
dedicato questo post.
Percorro
via Roma e giungo in piazza dalla parte opposta rispetto allo store.
Cerco immediatamente con lo sguardo l’insegna con la mela, la cui
installazione sotto i portici (in deroga alla normativa vigente in
materia) ha suscitato così aspre polemiche. A prima vista nessun
elemento mi appare deturpante, la mela bianca è ben distinguibile
ma, forse per la distanza a cui sono, non impatta nel contesto
visivo. Mi avvicino ma la sensazione che rimane è la stessa, anche
in prossimità del portico stesso.
È
interessante notare come, ancora oggi, molti degli elementi
distintivi degli Apple store sono frutto dei meticolosi studi, delle
attente osservazioni e delle folli intuizioni di quel guru a 360°
che fu Steve Jobs. Per circa un anno e mezzo infatti, dalla fine cioè
del 1999 quando iniziò a valutare le opportunità derivanti da una
catena di punti vendita Apple al maggio 2001 quando fu inaugurato il
primo Apple store in Virginia, si dedicò anima e corpo a questo
progetto che, a più riprese, fu ostacolato dal consiglio di
amministrazione della multinazionale di Cupertino.
Affiancato dall'esperto di design e vendite Ron Johnson, Jobs progettò il
prototipo di negozio con la cura maniacale per i dettagli che lo
contraddistingueva. Gli store sarebbero diventati, per bocca di
Johnson, “la più potente espressione fisica del brand” e
avrebbero dovuto esprimere, al pari dei prodotti esposti al loro
interno, quella sapiente miscela tra semplicità e raffinata bellezza
che è divenuta il marchio inconfondibile della Apple.
Il
negozio presenta cinque ampi affacci vetrati sul portico per
garantire un’estesa visibilità dei locali interni che, secondo la
filosofia Jobsiana, induce il passante ad entrare per curiosità.
Anche l’entrata unica, per rendere più semplice il controllo
dell’esperienza di ogni utente, è perfettamente in linea con il
prototipo di negozio progettato da Jobs a cui accennavo prima.
L’interno
è articolato in un ambiente principale a cui si accede dall'ingresso e in due vani più piccoli, ai lati opposti dello stesso, nicchie
dedicate all'esposizione in verticale degli accessori Apple. L’idea
progettuale di fondo degli store Apple è quella di consentire a chi
entra l’immediata percezione di come è organizzato lo spazio, che
si presenta arioso e allo stesso tempo minimalista. Questo
minimalismo si estrinseca sia nelle componenti estetiche-strutturali,
con pochi elementi architettonici/cromatici di distrazione
concentrati nei pannelli luminosi alle pareti e nei lampadari d’epoca
(arredo preservato dalla ristrutturazione dei vecchi locali della
Bnl), sia nelle fasi procedurali del processo di acquisto (non c’è
la classica postazione di cassa). Tutto è ricercato e attentamente
ponderato.
I
pavimenti sono nella consueta pietra serena che ha da tempo
soppiantato il legno sbiancato utilizzato nei primi negozi Apple. Il
fascino esercitato su Steve Jobs dalla durevolezza ed eleganza
dell’arenaria grigio-blu si impresse nel lontano 1985 proprio
durante un soggiorno a Firenze, quando ebbe modo di ammirare le
pietre delle pavimentazioni stradali del capoluogo toscano
provenienti dalla cava “Il casone” di Firenzuola. Diciassette
anni dopo, Jobs pretese che dalla stessa cava fossero estratte le
lastre per pavimentare i suoi negozi. Nessun rivestimento simile o
materiale alternativo ma, a discapito dei costi, esattamente quello
che per lui rappresentava la soluzione ideale.
Il
cuore pulsante dello store è il vano centrale dove sono in bella
mostra gli ultimi prodotti e dove viene fornita assistenza al cliente
in un’area dedicata, il Genius bar. Qui, su prenotazione, è
possibile ricevere supporto tecnico per qualunque problema di
hardware.
Workshops
giornalieri conducono alla scoperta dell’abc dei dispositivi Apple
o approfondiscono tematiche specifiche per farli sfruttare al meglio.
Ma non è finita qui. Il negozio si propone come meta di gite
scolastiche per studenti e professori delle scuole primarie e
secondarie con lo scopo di stimolare la creatività e la
collaborazione degli alunni e di supportare/completare la didattica
in aula. Le gite, della durata compresa tra un’ora e un’ora e
mezzo, sono adattabili ai programmi degli insegnanti e si basano
ovviamente sull'utilizzo dei prodotti Apple. Ingegnosa operazione
di marketing e originale iniziativa di didattica 2.0 che trova un
prezioso alleato nei risultati di una
recente ricerca condotta dall'Istituto Nazionale di Documentazione,
Innovazione e Ricerca Educativa (Indire) sugli studenti di 19 scuole
per valutare l’impatto della tecnologie a scuola. Lo studio ha
evidenziato come nelle scuole dove è più diffuso l’utilizzo delle
risorse digitali vantano, da un lato, un tasso di dispersione scolastica e assenteismo minori, dall'altro maggiori immatricolazioni all'Università e un impatto positivo nell'inserimento nel mondo del lavoro.
I
tempi cambiano in fretta mentre il sottoscritto rimane romanticamente
legato alla classica (e ormai obsoleta?) idea di gita scolastica
dedicata alla scoperta di quei luoghi culturalmente stimolanti di cui
Firenze abbonda.
Il
nutrito staff del negozio indossa una maglietta grigia con il simbolo
bianco della mela. A tal proposito è opportuno ricordare come la
storia dell’introduzione delle divise nel mondo Apple sia stata
curiosa e allo stesso tempo travagliata. Manco a dirlo, ci mise lo
zampino il solito Jobs. Come riporta infatti la sua biografia, Jobs
maturò l’idea di far indossare una divisa a tutto il personale
dell’azienda ad inizio degli anni 80, dopo un viaggio in Giappone.
Durante una visita agli stabilimenti della Sony, Jobs notò con
stupore che tutti indossavano la stessa uniforme e ne chiese
spiegazioni al presidente della società, Akio Morita. Egli rivelò
come tale usanza avesse avuto in origine una valenza sociale poiché
sopperiva alla povertà di molti lavoratori che dopo la guerra non
avevano di cosa vestirsi; in seguito era divenuta un tratto
distintivo dell’azienda e un modo per rafforzare il senso di
appartenenza dei dipendenti alla propria realtà lavorativa. Jobs
desiderava introdurre tale tipo di legame alla Apple ma, quando
presentò ai suoi collaboratori dei campioni di divisa disegnati da
Issey Miyake, lo stilista che aveva creato le uniformi della Sony, fu
sommerso da fischi e improperi. Costretto ad abbandonare
(temporaneamente) l’idea di una divisa aziendale, Jobs ne adottò
una personale, basata sulla praticità e su uno stile distintivo:
Miyake divenne il suo stilista personale e il creatore degli
inseparabili dolcevita neri.
Il
personale è attento a coprire tutto lo spazio di vendita e a
disposizione dell’utenza per fornire informazioni. Durante il mio
breve “soggiorno” nello store
ho ricevuto per due volte gentilmente offerta di assistenza in caso
di bisogno. Rifiutata la prima perché intento a visionare
l’ambiente, ho colto al volo la seconda chance per avere notizie su
uno degli ultimi arrivati, l’Apple
watch.
Davanti ad una cospicua esposizione di modelli con le stesse
identiche funzionalità, ma diversi nelle dimensioni del quadrante e
nei materiali che compongono cinturino e cassa, mi vengono illustrate
con un’esposizione dettagliata e alquanto didascalica le
caratteristiche principali di questi orologi (anche se chiamarli così
è un po’ riduttivo) in cui, strano a dirsi, il compito di mostrare
l’ora diventa quasi un accessorio.
E
mentre tocco con mano uno degli esemplari in mostra cercando di
mettere in pratica le mirabolanti funzioni appena spiegate, sono
scosso da un fremito nell’apprendere che è in commercio un modello
che supera i diciottomila euro di prezzo. Nemmeno fosse un Rolex.
Mentre
un continuo viavai di persone anima il negozio, la mia pausa pranzo
sta quasi per scadere e devo rientrare a lavoro. Il tempo per
un’ultima veloce occhiata al banco con i MacBook, gli accattivanti
portatili dal peso piuma.
Notizie
in pillole:
Dove:
Piazza della Repubblica 6, Firenze
Quando:
Apertura lunedì - domenica con orario 10-20
Copyright © 2015 “Firenze anda e
rianda” by Iacopo Fortini. Tutti i diritti riservati. All rights
reserved.
Nessun commento:
Posta un commento