Un
vecchio detto dice che “chi prima arriva meglio alloggia”. E pensando all'Expo tale affermazione calza a pennello. Se nei primi tre mesi dall'apertura infatti il flusso di persone al sito espositivo era
stato soddisfacente con un picco nel mese di Giugno e afflussi
pressoché stabili a Maggio e Luglio, da Agosto è scoppiata
l’Expomania che ha raggiunto i massimi livelli con i mesi di
Settembre e Ottobre. Proprio mentre scrivo, è stato annunciato il
superamento dei 20 milioni di biglietti venduti che collocano l'Expo
Milano 2015 in linea con i dati di visitatori registrati ad Hannover
2000 e Aichi 2005, ma distante anni luce dai 73 milioni affluiti a
Shanghai 2010.
Lunghe
code agli ingressi, file interminabili per l’accesso ai padiglioni,
record di visitatori ed immagini di una folla brulicante lungo tutto
il decumano: questo è il leitmotiv
con cui i media di ogni genere ci hanno bombardato negli ultimi tempi
rendendolo praticamente l’unico argomento di discussione sull'Expo.
Grazie
ai prezzi scontati dei biglietti e alle offerte sempre più
convenienti sui siti di social shopping, al passaparola e allo
scetticismo iniziale superato dalla curiosità di tanti, vuoi per
l’avvicinarsi della chiusura dell’esposizione e la partecipazione
in massa degli studenti in gita scolastica, l’onda di visitatori ha
raggiunto dimensioni sempre più anomale.
Tanto
che la visita all'Expo durante i fine settimana è stata
etichettata “da bollino rosso” (come le autostrade durante i
week-end di Agosto), i biblici tempi di attesa per entrare nel
padiglione del Giappone hanno assunto un’aurea leggendaria e i
commenti sferzanti di coloro che si erano tranquillamente goduti
l’esposizione di Milano nei primi mesi dall'apertura sono divenuti un ritornello.
E’
con queste mirabolanti premesse che mi reco, sul finire di Settembre,
alla mia prima volta ad una Esposizione Universale. Dal 1851, anno
della prima esposizione universale di Londra riconosciuta tale dal
Bureau International des Expositions (BIE), Milano ospita per la
seconda volta un evento del genere dopo quello del 1906 dedicato ai
trasporti.
Visita
programmata su due giorni: entrata serale il primo giorno (domenica)
e giornata intera il giorno seguente (lunedì). Sorprendentemente
abbiamo sfruttato molto e bene l’ingresso serale che alle 18 e fino
alle 24 spalanca le porte del sito espositivo. Il lunedì invece ci
ha visto protagonisti di molte file, a partire dai 50 minuti di coda
al varco di ingresso (anche l’ingresso cosiddetto “saltafila”
non consentiva quello il cui nome prometteva).
In così poco tempo a disposizione è un’impresa ardua impossibile esplorare il milione di metri quadri e i 140 tra paesi ed organizzazioni protagonisti dell’area espositiva. Come preventivato, abbiamo dovuto scartare a priori per le infinite file i padiglioni dei paesi più gettonati (quali Italia Giappone-Emirati Arabi-Marocco-Qatar) e per motivi di scelta quelli delle aziende e organizzazioni.
Ci
siamo pertanto concentrati sul resto dei padiglioni dei paesi,
ponendoci come tempo massimo di attesa 45 minuti, e concedendoci solo
una visita lampo ad alcuni dei cluster (spazi allocati a paesi
diversi accomunati da un tema comune).
Costruzioni insolite e audaci si costellano tutto il decumano in una lunga espressione di fantasie architettoniche, forme bizzarre e intrecci di materiali. E’ un grande contenitore di colori, sapori, laboratori creativi ed eventi culturali ed artistici che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe focalizzare l’attenzione mondiale sul tema del nutrimento dell’uomo e della terra (“Nutrire il Pianeta, Energia per la vita”), stimolando un confronto globale per promuovere idee, soluzioni e innovazioni per un futuro sostenibile. Lo scopo di riflettere e discutere dei grandi temi dell’umanità è divenuto prioritario rispetto all'originario fine educativo e di presentazione dei prodotti del progresso per cui erano nate le Esposizioni Universali.
Non
sempre il risultato ottenuto è quello prefissato. Molti padiglioni
si riducono a mera vetrina dei prodotti locali e a spot turistico del
paese, e penso ad esempio a Vietnam, Irlanda e Turkmenistan, tanti
altri affrontano invece il tema nella giusta dimensione con messaggi
di forte impatto visivo e ideologico tra cui meritano una nota di
cenno la Repubblica di Corea, Azerbaijan e Malesia. Tutti offrono la
possibilità di gustare i piatti della cucina locale e le eccellenze
della propria tradizione agroalimentare.
E’ difficile comunque stilare una lista dei padiglioni assolutamente da visitare o da evitare tra i trentanove che sono riuscito a esplorare. Tutti possono contenere spunti di riflessioni interessanti o qualche peculiarità che cattura l’attenzione. Da non perdere lo show notturno dell'albero della vita che regala forti emozioni con la perfetta fusione tra luci, suoni e spettacoli pirotecnici.
Copyright © 2015 “Firenze anda e rianda” by Iacopo Fortini. Tutti i diritti riservati. All rights reserved.
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