Unire
i piaceri di una triplice degustazione di vino all'inarrivabile fascino delle
stelle. Questo è lo scopo di una serata organizzata presso l’osservatorio astrofisico
di Arcetri dall'associazione di promozione sociale “Il Santuccio”, una vivace realtà fiorentina che da una quindicina di anni si adopera per valorizzare il mondo
enologico e il buon cibo toscano e per diffondere la cultura del vivere bene. Incuriosito dall'insolito binomio enologia-astronomia che mi offre la possibilità di
visitare l’osservatorio sorseggiando del buon vino in compagnia, mi “arrampico”
sulle colline di Firenze con il mio set di bicchiere da degustazione. E’ una fredda
serata di Novembre e la città dal basso abbaglia con le sue bianche luci.
Da
una piccola porta in ferro battuto entriamo in uno dei poli di eccellenza a
livello internazionale nell'ambito della ricerca scientifica, sia per quanto
concerne lo studio del sistema solare e delle galassie sia in materia di
sviluppo delle tecnologie astronomiche più avanzate. Il Prof. Paolo Tozzi è la
nostra guida attraverso la storia dell’Osservatorio la cui inaugurazione risale
al lontano 1872 quando, la posizione collinare alle porte della città, consentiva
accurate osservazioni della volta celeste. L’astronomo che scruta l’infinito
con il telescopio è ormai una visione romantica del passato, le luci della
urbanizzazione hanno reso ormai impossibile l’osservazione diretta del cielo ad
eccezione di pochi luoghi nelle aree più remote del pianeta. La maggior parte
delle ricerche vengono condotte sui dati e le immagini trasmesse
informaticamente dai satelliti e telescopi.
La
riproduzione in scala del nostro sistema solare accompagna nel percorso
attraverso il giardino in direzione del padiglione con la grande cupola in
legno meccanizzata e con l’aula utilizzata a scopo didattico per la
divulgazione della conoscenza del mondo astronomico. La cupola ospita lo
storico telescopio “Amici”, dal nome dell’ottico modenese nonché professore di
Astronomia che lo progettò. Le prime osservazioni documentate con questo
telescopio risalgono al 1854 e furono rivolte principalmente allo studio di comete
ed asteroidi. Per un attimo con la fantasia riavvolgo il nastro del tempo fino
alla metà degli anni 40 e immagino, accanto a questo strumento, una giovane
studentessa universitaria dall'aspetto bonario e dal forte accento fiorentino: Margherita
Hack. Proprio qui infatti “l’amica delle stelle” condusse i suoi studi sulle
Cefeidi, oggetto della tesi in astrofisica che discusse nel 1945.
La
fortuna non ci assiste, il cielo nuvoloso spegne qualsiasi velleitario
tentativo di osservazione del cielo con questo vetusto quanto affascinante
telescopio, ormai utilizzato solo a fini didattici per i visitatori di Arcetri.
Compensiamo la delusione passando alla parte enologica della serata che prevede
la degustazione di tre vini vulcanici, ossia prodotti da uve coltivate su suoli
vulcanici di cui l’Italia detiene il primato con la maggiore superficie vitata
su terreni di origine vulcanica nel mondo. Da nord a sud lo stivale è infatti
costellato da aree vulcaniche: i terreni tra Verona e Vicenza, la zona di
Pitigliano, Orvieto e del Lago di Bolsena, l’area del Vesuvio e Ischia in
Campania, il Vulture in Basilicata, l’Etna e le isole Eolie.
Nel
2012 è nata l’Associazione Volcanic Wines che raccoglie al suo interno tutte le
doc di origine vulcanica d’Italia e di cui fanno parte consorzi di tutela,
enoteche e comuni. Inizialmente dedita alla promozione dei vini bianchi
prodotti da suolo magmatico, l’Associazione pone l’accento sule peculiarità
comuni dei vini vulcanici che, sebbene prodotti con vitigni diversi (spesso
autoctoni), formano un unico filo conduttore all'interno della produzione
enologica italiana. La natura del terreno vulcanico influenza notevolmente lo
sviluppo dello vite donandole caratteristiche di grande mineralità, acidità ed
eleganti note aromatiche.
La
prima degustazione ha come protagonista lo Spumante Brut Lessini Durello Doc della
Cooperativa agricola Colli Vicentini. Vinificato in purezza con il Durella, un
vitigno autoctono e di antichissime origini, è prodotto secondo il Metodo
Charmat lungo, questo spumante sprigiona delicati sentori floreali mentre in
bocca risulta particolarmente fresco, con delicate note fruttate.
E’
la volta quindi del bianco Lacryma Christi 2014 dei Feudi San Gregorio, azienda
giovane nata nel 1986 in territorio irpino con lo scopo di recuperare il
patrimonio vitivinicolo locale. Il nome di questo vino, prodotto sulle pendici
del Vesuvio dall'unione di due uve autoctone a bacca bianca (Coda di Volpe e
Falanghina), si deve alla leggenda che fa risalire l’origine della vite sul
Vesuvio alle lacrime di Gesù.
Caratterizzato
da profumi di frutti bianchi e note agrumate, ha una discreta persistenza
aromatica; in bocca è morbido, fresco e con una elegante componente minerale.
L’ultimo
calice è per Le Sabbie dell’Etna 2012 realizzato dall’Azienda Firriato con
vitigni Nerello Mascalese, che dona una ottima struttura e buon corredo
aromatico, e Nerello Cappuccio che aggiunge intensità cromatica e la giusta
tannicità. Questo vino dal colore rosso rubino brillante, la cui zona di
produzione è il comune di Castiglione di Sicilia sul versante nord orientale
dell’Etna, è vinificato in vasche di acciaio inox e affinato per 6 mesi in
barriques di rovere. Si propone con un bouquet intenso e complesso dove si
mescolano mirtilli, ciliegia, pepe e liquirizia; al palato è invece caldo e
avvolgente, con una lunga persistenza aromatica e un tannino elegante.
La serata che ha visto il
vino incontrare le stelle volge al termine. E con essa l’opportunità di spaziare
dalla teoria del big bang alla mineralità dei vini vulcanici.
Copyright © 2015 “Firenze anda e rianda” by Iacopo Fortini. Tutti i diritti riservati. All rights reserved.
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