sabato 19 dicembre 2015

Il Principe dei sogni. L’arte del Rinascimento negli arazzi di casa Medici

Dopo 133 anni tornano nella loro sede originaria i venti arazzi raffiguranti le storie di Giuseppe Ebreo, pensati e realizzati per volere di Cosimo I de’ Medici per la sala dei Duecento in Palazzo Vecchio.
Tra il 1545 e il 1553 furono commissionati i disegni preparatori ad alcuni degli artisti che lavoravano alla corte medicea, Jacopo Pontormo, l’allievo Agnolo Bronzino e Francesco Salviati. I primi due, a cui si devono rispettivamente 3 e 16 disegni, sono tra i principali esponenti di quel manierismo fiorentino che ha nel Pontormo la sua espressione più spregiudicata, tormentata e a tratti eccessiva e nel Bronzino una versione più raffinata ed elegante. Un cartone preparatorio fu opera invece di Francesco Salviati, pittore anch'esso della corrente manierista particolarmente influenzato dallo stile di Raffaello.


Sulla base di questi disegni preparatori gli arazzi furono tessuti nella manifattura granducale creata nel 1545 dallo stesso Cosimo per rendersi indipendente, in tutto il ciclo produttivo, dalle altre officine italiane ed europee e poter competere in eccellenza con le manifatture d’Oltralpe, a quel tempo considerate le migliori.
A tale scopo il duca “arruolò” per la sua Arazzeria due maestri arazzieri fiamminghi, Jan Rost e Nicolas Karcher, che impiegarono per la tessitura della trama fili di seta, d’oro e d’argento mentre per l’ordito fili di colore neutro. La raffinatezza dei materiali impiegati e l’abilità artistica che si cela dietro la loro esecuzione fanno degli arazzi una delle più pregevoli testimonianze dell’arte rinascimentale e dell’arazzeria europea. D’altro canto la realizzazione di tali arazzi si inserisce in un sontuoso programma di ammodernamento e abbellimento a cui Cosimo I sottopose il “Palazzo dei Priori” per renderlo degna dimora di famiglia e sede del proprio governo.


I venti arazzi furono pensati per abbellire in occasioni speciali la Sala dei Duecento, una grande salone rettangolare situato nell'ala più antica di Palazzo Vecchio, originariamente destinata ad accogliere le riunioni del consiglio cittadino e per questo detta Sala del Popolo o del Comune. L’attuale nome si deve ad Alessandro de’ Medici che riformò l’assemblea popolare portando a duecento il numero dei suoi membri (il Consiglio de’ Dugento); Cosimo I, appena divenuto duca, svuotò della maggior parte del potere decisionale fino ad allora attribuito al Consiglio e concepì, per quel luogo simbolo un tempo di un governo democratico e popolare, un apparato ornamentale che allegoricamente celebrasse le sue qualità di detentore del potere assoluto.
Tutta la narrazione decorativa è incentrata sulle vicende del patriarca Giuseppe Ebreo, penultimo dei dodici figli di Giacobbe, così come illustrate nel libro della Genesi. Odiato dai fratelli per essere il prediletto dal padre e per la sua dote di interpretare i sogni, viene venduto a dei mercanti egizi. Una volta giunto in Egitto viene imprigionato e, liberato grazie alle sua arte divinatoria, diviene consigliere del Faraone. Trovatosi nuovamente al cospetto dei fratelli con un grande gesto di clemenza li perdona, invitandoli a stabilirsi in Egitto.

La vendita di Giuseppe
Giuseppe e il faraone
La narrazione di questi eventi biblici contiene un chiaro messaggio di natura politica che mira a stabilire uno stretto parallelismo tra la figura di Giuseppe e quella della casata medicea. Nonostante le avversità che costellano la sua vita, Giuseppe non si piega alla cattiva sorte ma, grazie alle sue grandi doti intellettuali ed umane, intraprende una brillante carriera politica raggiungendo posizioni di grande prestigio. Allo stesso modo i Medici, dopo essere stati cacciati dai propri concittadini, sono riusciti a riconquistare il potere dimostrando magnanimità e abilità di buon governo.



Con i loro sei metri di altezza e gli oltre quattrocento metri quadrati di tessuto, gli arazzi coprono in modo organico e completo le pareti della sala dei Duecento. Gli esemplari appesi nei pressi delle due porte di ingresso alla sala presentano una sagomatura che ne segue il profilo in modo da lasciare libero l’accesso, mentre rimanevano coperte dagli arazzi le finestre presenti sui lati nord e ovest dell’ambiente. La visione d’insieme che se ne consegue è assai d’impatto. Uno scenografico intreccio di figure è la costante che accomuna le singole rappresentazioni della storia di Giuseppe: corpi che si ammassano spesso l’uno accanto all'altro, linee sinuose che si intrecciano e pose dinamiche che rivelano una particolare attenzione per l’anatomia umana. Sono immagini cariche di forza in cui spiccano panneggi di colore rosso e blu. Al centro della sala quattro tavoli interattivi touch-screen rendono la visita un’esperienza multimediale fornendo schede dettagliate di ogni singolo arazzo e informazioni di carattere generale sulla loro storia e sul contesto che li ospita.


E’ proprio la storia travagliata che lo caratterizza un altro degli aspetti che rende ancora più unico questo ciclo cinquecentesco di arazzi. Dopo essere stato esposto per più di un secolo nella Sala dei Duecento, fu conservato nei depositi fino al 1865 quando Firenze divenne capitale d’Italia. Vittorio Emanuele II smembrò il complesso di arazzi trasferendo dieci di essi a Palazzo Pitti, divenuto nel frattempo la sede della corte sabauda. Con il trasferimento della capitale a Roma, gli arazzi seguirono il re e trovarono una collocazione definitiva nel Palazzo del Quirinale dove si sono conservati fino ai giorni attuali.
Le alterne vicende di questi arazzi si intrecciano quindi profondamente con gli avvenimenti storici dell’Italia e la loro riunificazione nella sede originaria rappresenta un evento culturale di assoluto valore, impregnato di una rilevante valenza simbolica e storica.
 
Giuseppe e Giacobbe

Gli arazzi rimasti a Firenze, dopo un periodo transitorio in cui furono esposti agli Uffizi, tornarono nel 1872 nella Sala dei Duecento a Palazzo Vecchio dove rimasero fino al 1983, quando per il loro avanzato stato di degrado furono rimossi dalle pareti e avviati a un lungo e complesso intervento di restauro durato fino al 2009. Grazie al sostegno finanziario della Cassa di Risparmio di Firenze, il lavoro fu affidato all'Opificio delle Pietre Dure di Firenze che allestì per l’occasione il Laboratorio di restauro degli arazzi direttamente all'interno di Palazzo Vecchio, nella Sala delle bandiere, per evitare di spostare i preziosi manufatti dalla loro sede naturale. Nel 1995 l’Opificio fu incaricato di intraprendere anche un delicato percorso conservativo sui dieci arazzi “romani”, conclusosi nel 2012. Anche in questo caso fu predisposto un laboratorio di restauro all'interno del Quirinale. Trenta anni di lavori, condotti su fragili tessuti logorati dal tempo e da infelici operazioni di restauro eseguite negli anni ’70, hanno costituito uno dei più importanti progetti conservativi mai attuati a livello mondiale per la portata dell’intervento e per le tecniche innovative messe a punto per l’occasione.

La mostra, dal titolo “Il Principe dei sogni. Giuseppe negli arazzi medicei di Pontormo e Bronzino”, prima di Firenze ha fatto tappa a Roma al Palazzo del Quirinale, a Milano a Palazzo Reale in occasione di Expo2015.
Promossa dalla Presidenza della Repubblica Italiana, dal Comune di Firenze e dal Comune di Milano in collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Expo 2015 e la Fondazione Bracco, è stata realizzata grazie al contributo economico del main sponsor Gucci.

Dove: Sala dei Duecento, Palazzo Vecchio – Piazza della Signoria Firenze
Quando: fino al 15 febbraio 2016 tutti i giorni escluso il giovedì con orario 9-19; il giovedì 9-14
Costo: biglietto Mostra: euro 2,00, biglietto Museo+Mostra: intero euro 12,00 – ridotto euro 10,00. Possessori biglietto treni FRECCE e Carta FRECCIA con destinazione Firenze (data emissione antecedente max 5gg data visita) 2 biglietti al costo di 1

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