Dopo
133 anni tornano nella loro sede originaria i venti arazzi raffiguranti le storie
di Giuseppe Ebreo, pensati e realizzati per volere di Cosimo I de’ Medici per
la sala dei Duecento in Palazzo Vecchio.
Tra
il 1545 e il 1553 furono commissionati i disegni preparatori ad alcuni degli
artisti che lavoravano alla corte medicea, Jacopo Pontormo, l’allievo Agnolo
Bronzino e Francesco Salviati. I primi due, a cui si devono rispettivamente 3 e
16 disegni, sono tra i principali esponenti di quel manierismo fiorentino che ha
nel Pontormo la sua espressione più spregiudicata, tormentata e a tratti
eccessiva e nel Bronzino una versione più raffinata ed elegante. Un cartone
preparatorio fu opera invece di Francesco Salviati, pittore anch'esso della corrente manierista particolarmente influenzato dallo stile di Raffaello.
Sulla
base di questi disegni preparatori gli arazzi furono tessuti nella manifattura
granducale creata nel 1545 dallo stesso Cosimo per rendersi indipendente, in
tutto il ciclo produttivo, dalle altre officine italiane ed europee e poter
competere in eccellenza con le manifatture d’Oltralpe, a quel tempo considerate
le migliori.
A
tale scopo il duca “arruolò” per la sua Arazzeria due maestri arazzieri fiamminghi,
Jan Rost e Nicolas Karcher, che impiegarono per la tessitura della trama fili
di seta, d’oro e d’argento mentre per l’ordito fili di colore neutro. La
raffinatezza dei materiali impiegati e l’abilità artistica che si cela dietro
la loro esecuzione fanno degli arazzi una delle più pregevoli testimonianze
dell’arte rinascimentale e dell’arazzeria europea. D’altro canto la
realizzazione di tali arazzi si inserisce in un sontuoso programma di
ammodernamento e abbellimento a cui Cosimo I sottopose il “Palazzo dei Priori”
per renderlo degna dimora di famiglia e sede del proprio governo.
I
venti arazzi furono pensati per abbellire in occasioni speciali la Sala dei
Duecento, una grande salone rettangolare situato nell'ala più antica di Palazzo
Vecchio, originariamente destinata ad accogliere le riunioni del consiglio
cittadino e per questo detta Sala del Popolo o del Comune. L’attuale nome si
deve ad Alessandro de’ Medici che riformò l’assemblea popolare portando a
duecento il numero dei suoi membri (il Consiglio de’ Dugento); Cosimo I, appena
divenuto duca, svuotò della maggior parte del potere decisionale fino ad allora
attribuito al Consiglio e concepì, per quel luogo simbolo un tempo di un governo democratico e popolare, un apparato ornamentale che allegoricamente
celebrasse le sue qualità di detentore del potere assoluto.
Tutta
la narrazione decorativa è incentrata sulle vicende del patriarca Giuseppe Ebreo,
penultimo dei dodici figli di Giacobbe, così come illustrate nel libro della
Genesi. Odiato dai fratelli per essere il prediletto dal padre e per la sua
dote di interpretare i sogni, viene venduto a dei mercanti egizi. Una volta
giunto in Egitto viene imprigionato e, liberato grazie alle sua arte divinatoria,
diviene consigliere del Faraone. Trovatosi nuovamente al cospetto dei fratelli con un grande gesto di clemenza li perdona, invitandoli a stabilirsi in Egitto.
La vendita di Giuseppe |
Giuseppe e il faraone |
La
narrazione di questi eventi biblici contiene un chiaro messaggio di natura
politica che mira a stabilire uno stretto parallelismo tra la figura di
Giuseppe e quella della casata medicea. Nonostante le avversità che costellano
la sua vita, Giuseppe non si piega alla cattiva sorte ma, grazie alle sue grandi
doti intellettuali ed umane, intraprende una brillante carriera politica
raggiungendo posizioni di grande prestigio. Allo stesso modo i Medici, dopo
essere stati cacciati dai propri concittadini, sono riusciti a riconquistare il
potere dimostrando magnanimità e abilità di buon governo.
Con
i loro sei metri di altezza e gli oltre quattrocento metri quadrati di tessuto,
gli arazzi coprono in modo organico e completo le pareti della sala dei Duecento.
Gli esemplari appesi nei pressi delle due porte di ingresso alla sala
presentano una sagomatura che ne segue il profilo in modo da lasciare libero
l’accesso, mentre rimanevano coperte dagli arazzi le finestre presenti sui lati
nord e ovest dell’ambiente. La visione d’insieme che se ne consegue è assai
d’impatto. Uno scenografico intreccio di figure è la costante che accomuna le
singole rappresentazioni della storia di Giuseppe: corpi che si ammassano
spesso l’uno accanto all'altro, linee sinuose che si intrecciano e pose
dinamiche che rivelano una particolare attenzione per l’anatomia umana. Sono immagini
cariche di forza in cui spiccano panneggi di colore rosso e blu. Al centro
della sala quattro tavoli interattivi touch-screen
rendono la visita un’esperienza multimediale fornendo schede dettagliate di
ogni singolo arazzo e informazioni di carattere generale sulla loro storia e
sul contesto che li ospita.
E’
proprio la storia travagliata che lo caratterizza un altro degli aspetti che
rende ancora più unico questo ciclo cinquecentesco di arazzi. Dopo essere stato
esposto per più di un secolo nella Sala dei Duecento, fu conservato nei
depositi fino al 1865 quando Firenze divenne capitale d’Italia. Vittorio
Emanuele II smembrò il complesso di arazzi trasferendo dieci di essi a Palazzo
Pitti, divenuto nel frattempo la sede della corte sabauda. Con il trasferimento
della capitale a Roma, gli arazzi seguirono il re e trovarono una collocazione definitiva
nel Palazzo del Quirinale dove si sono conservati fino ai giorni attuali.
Le
alterne vicende di questi arazzi si intrecciano quindi profondamente con gli
avvenimenti storici dell’Italia e la loro riunificazione nella sede originaria
rappresenta un evento culturale di assoluto valore, impregnato di una rilevante
valenza simbolica e storica.
Gli
arazzi rimasti a Firenze, dopo un periodo transitorio in cui furono esposti
agli Uffizi, tornarono nel 1872 nella Sala dei Duecento a Palazzo Vecchio dove
rimasero fino al 1983, quando per il loro avanzato stato di degrado furono
rimossi dalle pareti e avviati a un lungo e complesso intervento di
restauro durato fino al 2009. Grazie al sostegno finanziario della Cassa di Risparmio di Firenze, il lavoro fu affidato all'Opificio delle Pietre Dure di Firenze che allestì per l’occasione il Laboratorio di restauro degli arazzi direttamente all'interno di Palazzo Vecchio, nella Sala delle bandiere, per evitare di
spostare i preziosi manufatti dalla loro sede naturale. Nel 1995 l’Opificio fu
incaricato di intraprendere anche un delicato percorso conservativo sui dieci
arazzi “romani”, conclusosi nel 2012. Anche in questo caso fu predisposto un
laboratorio di restauro all'interno del Quirinale. Trenta anni di lavori, condotti
su fragili tessuti logorati dal tempo e da infelici operazioni di restauro
eseguite negli anni ’70, hanno costituito uno dei più importanti progetti
conservativi mai attuati a livello mondiale per la portata dell’intervento e
per le tecniche innovative messe a punto per l’occasione.
La
mostra, dal titolo “Il Principe dei sogni. Giuseppe negli arazzi medicei di
Pontormo e Bronzino”, prima di Firenze ha fatto tappa a Roma al Palazzo del
Quirinale, a Milano a Palazzo Reale in occasione di Expo2015.
Promossa dalla Presidenza della Repubblica Italiana, dal Comune di Firenze e
dal Comune di Milano in collaborazione con il Ministero dei Beni e delle
Attività culturali e del Turismo, Expo 2015 e la Fondazione Bracco, è stata
realizzata grazie al contributo economico del main sponsor Gucci.
Dove: Sala dei Duecento, Palazzo Vecchio – Piazza della
Signoria Firenze
Quando: fino al 15
febbraio 2016 tutti i giorni escluso il giovedì con orario 9-19; il giovedì 9-14
Costo: biglietto
Mostra: euro 2,00, biglietto
Museo+Mostra: intero euro 12,00 – ridotto euro 10,00. Possessori
biglietto treni FRECCE e Carta FRECCIA con destinazione Firenze (data emissione
antecedente max 5gg data visita) 2 biglietti al costo di 1
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